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Partita a poker sulla Rai

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Sulla Rai si profila una partita di poker dai tempi lunghi, voluta da Berlusconi e dai suoi. Mentre l’azienda di Viale Mazzini ha bisogno di tempi brevi per ridarsi un assetto imprenditoriale, editoriale, produttivo, tecnologico in grado di farla risalire dal buco nero nel quale è finita, con conti pesanti, canone in caduta libera, pubblicità in crisi profonda (più di Mediaset che fa ascolti inferiori), pluralismo ingessato, conduttori e autori in fuga verso altre tv, ecc.
Il nuovo CdA, è vero, ha avallato la designazione di Anna Maria Tarantola alla presidenza, con la sola astensione del berlusconiano Verro, ma il dibattito è stato acceso fra i consiglieri di centrodestra e quelli indicati dalle associazioni e votati dal Pd. La posta in gioco? Naturalmente gli accresciuti poteri del presidente in materia di tetti alla spesa e di nomine. Assente “per ragioni di garbo” la presidente designata, il duro confronto è stato arbitrato dal consigliere anziano Guglielmo Rositani (ex An, più volte deputato, già sindaco, dall’86 al ’92, della Rai stessa, poi suo consigliere, espertissimo in navigazioni clientelari). La partita ora si sposta in commissione parlamentare di Vigilanza dove a maggioranza qualificata di due terzi (27 voti su 40) dovrà venire convalidata la nomina del presidente Tarantola. Si chiede che tale convalida avvenga giovedì prossimo, ma non è detto che sia così e che anche i tempi di questa votazione non si dilatino. Già il consigliere Antonio Pilati, da sempre uomo di stretta fiducia del Cavaliere, ha presentato una mozione per discutere dei trasferimenti di deleghe – da lui definiti “contra legem” – dal CdA al presidente e al direttore generale (pure da eleggere) voluti dal premier per restituire efficienza e speditezza alla Rai appesantita dai lacci ad essa imposti dalla legge Gasparri fatta apposta per vincolare l’azienda ai partiti, alla maggioranza di governo. Un segnale aggressivo.
Ma perché Silvio Berlusconi ha tanto interesse a rallentare i tempi di insediamento del vertice voluto da Monti a Viale Mazzini? I suoi uomini più fidati, ad esempio l’ex ministro Maurizio Gasparri o il capogruppo in Vigilanza Alessio Butti, sostengono che loro esercitano soltanto le prerogative di legge assegnate al Parlamento stupendosi se qualcuno pensa male di loro. In realtà ribadiscono, in modo solare, il potere dei partiti sull’emittente radiotelevisiva di Stato e lo fanno con una spregiudicatezza da pokeristi collaudati.
Berlusconi alza ostacoli per perdere tempo e poter così trattare alcune faccende (tutt’altro che “ideali”) che gli stanno, dal punto di vista aziendale e famigliare, molto a cuore (specialmente ora che Mediaset versa in grave crisi, di ascolti e di conti). Intanto c’è ancora in ballo la questione delle nuove frequenze che il governo vuol fargli pagare. Già, ma quanto? Traccheggiando, la vecchia volpe conta di portare a casa accordi meno sfavorevoli. Analogamente per le concessioni, cioè per quello che volgarmente si chiama affitto dell’etere. Esse sono ampiamente scadute e vanno rinnovate. Ma come? Trattando sui canoni delle medesime dalle posizioni di forza su cui l’ex premier nonché padrone di Mediaset pensa di attestarsi meglio rallentando il processo di riassetto della concorrente Rai.
Poi ci sono le nomine “politiche”. Ad esempio, quelle dei nuovi direttori del Tg (urgenti per Tg1 e Tg2) e di altri dirigenti in posti-chiave. O quella che concerne la fiction, settore strategico per il quale competono più direttamente Rai e Mediaset ora che si è indebolita la capacità di fare ascolti dei film (per i quali Berlusconi è stato sempre su posizioni di forza). Rallentando rallentando, egli sa che finirà per aprirsi, su ognuna di queste materie che aziendalmente e politicamente tanto gli premono, una trattativa. Dalla quale ha tutto da guadagnare. Come sempre.
Si è detto che l’ostruzionismo di fondo in CdA miri a sfiancare un presidente assai poco abituato in Banca d’Italia a queste sorde guerre di posizione e quindi a creare le condizioni per un commissariamento dell’azienda pubblica. Per il quale sarebbe già pronto il consigliere anziano di lungo corso Guglielmo Rositani. Come può essere messa in crisi questa defatigante tattica pokeristica? In un solo modo: andando a vedere le carte, cioè il bluff. Berlusconi non può permettersi il lusso – coi sondaggi e col partito che ha in mano – di rischiare una crisi del governo Monti per non voler mollare la presa sulla Rai. Se però Monti non “va a vedere”, è possibile che la Rai – che nessun organismo ad essa sovraordinato mette in sicurezza (a differenza di BBC, di France Télévision o delle pur potenti ARD e ZDF tedesche) – rimanga in questa micidiale palude. Gira e rigira, torniamo sempre lì.

Pubblicato su l’Unità – 11 luglio 2012 


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