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Mantova: bomba per il pm Tamburini

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di Lorenzo Frigerio
No, non è stato un tuono che annunciava l’agognata pioggia ristoratrice in questo inizio di luglio; e neppure è stato il rumore sordo del terremoto, che nei mesi scorsi è arrivato a toccare anche la provincia mantovana. A svegliare alle due di notte la città di Mantova è stata proprio un’esplosione, provocata dallo scoppio di un ordigno collocato nei pressi di un cancello di una villetta del quartiere Dosso del Corso, nella tranquilla periferia di Mantova. Libera Informazione intende occuparsi di questa vicenda, sebbene a distanza di qualche giorno dall’accaduto, anche per il preoccupante silenzio osservato dalla maggior parte dei media italiani, distratti forse da altre vicende sicuramente più importanti, proprio con l’intenzione di accendere un riflettore su un angolo d’Italia, dove si è verificato questo fatto gravissimo, anche per i profili di legami con le mafie in espansione al nord. Tutto è avvenuto nella notte tra martedì 3 e mercoledì 4 luglio e la bomba è stata piazzata sulla cancellata della villa dove abita il magistrato Giulio Tamburini, in forza alla procura di Mantova.

Grande paura per il giudice e la sua famiglia, usciti fortunatamente illesi dall’attentato, che li ha sorpresi nel cuore della notte, mentre dormivano nelle camere, poste sull’altro lato dell’abitazione rispetto a dove è stato piazzato l’ordigno. Grande tensione per tutto il vicinato, alle prese con una minaccia finora sconosciuta. I vigili del fuoco accorsi prontamente sul luogo si sono trovati di fronte ad alte colonne di fumo, ma non hanno avuto grossi problemi nello spegnere i focolai dell’incendio provocato dall’esplosione. Divelta la cancellata, distrutta parte dell’ingresso e altri danni di non lieve entità all’abitazione. I Ris ora stanno cercando di ricostruire con i pochi resti a disposizione le caratteristiche di un ordigno che, per quanto possa essere rudimentale come ha comunicato in un primo momento la Prefettura di Mantova, desta comunque forte preoccupazione negli inquirenti, secondo quanto trapelato dal vertice convocato d’urgenza dopo il grave episodio.

Volontà di uccidere o tentativo di intimidire? Qualunque sia la risposta che si voglia dare, non muta certo la sostanza dei fatti: un gesto davvero proditorio e violento che poteva causare ben altre conseguenze per Tamburini e i suoi familiari e che richiama certamente la responsabilità di una criminalità organizzata, se non di stampo mafioso. Ad escludere che si sia trattato di un gesto improvvisato è stato il procuratore generale di Brescia Guido Papalia che ha ricordato la presenza significativa del crimine organizzato anche nel mantovano, sottolineando come la tempistica, il metodo e la dinamica proprie dell’attentato portino ad indirizzare le indagini nei confronti di soggetti criminali strutturati, intenzionati a mandare un messaggio, più che a portare alle estreme conseguenze l’azione criminale.

Mantova ricade per competenza nel distretto di Brescia, ma le indagini saranno condotte dalla procura di Venezia visto che ad essere coinvolto è un giudice mantovano. «È un atto gravissimo che non ha precedenti in tutto il nord Italia», ha ribadito senza mezzi termini Papalia che ha anche dichiarato di non escludere che l’attentato indirizzato a Tamburini sia stato pensato per intimidire tutto la procura della Repubblica, alle prese da qualche tempo a questa parte con una preoccupante escalation criminale in atto in una provincia ritenuta, a torto o a ragione, ma sicuramente per troppo tempo, immune da qualsiasi presenza di mafie.

Da qualche giorno Tamburini e i suoi cari sono stati messi sotto regime di protezione, e il pm non ha rilasciato che una laconica dichiarazione: «Non parlo, cercate di capirmi. Questa volta prima della mia professione c’è di mezzo la mia famiglia». Tamburini è uno di quei magistrati che non cerca i flash o le telecamere, ma al contrario preferisce portare avanti il proprio lavoro senza troppo clamore. In oltre vent’anni di servizio presso la Procura di Mantova, difficilmente si è esposto mediaticamente, pur potendolo fare per la rilevanza delle inchieste condotte. L’ultima di queste è sfociata in un processo che Tamburini segue per conto della DDA di Brescia: si tratta di un procedimento che vede imputati 16 uomini di etnia sikh, accusati di aver sequestrato e picchiato un loro connazionale. 250 anni di reclusione è la richiesta complessiva avanzata dal pm mantovano proprio qualche settimana fa. C’è spazio anche per i reati ambientali, visto che Tamburini segue uno dei filoni processuali collegati al colosso della chimica Montedison.

Un impegno a tutto tondo contro la criminalità e un impegno attento a cogliere anche i segnali della nuova presenza delle mafie in questa provincia della Lombardia. E che la situazione fosse destinata a peggiorare lo si poteva desumere dalle ultime uscite pubbliche del procuratore della Repubblica Antonino Condorelli che non aveva mancato di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su questa crescita avvenuta nel silenzio colpevole di istituzioni locali e opinione pubblica. Un silenzio rotto in questi anni dall’attività del coordinamento di Libera, attivo con caparbietà nel segno della memoria e dell’impegno a Mantova e nella provincia con molte iniziative.

L’ultima delle quali in ordine di tempo è stata la costituzione di un nuovo presidio dell’associazione in quel di Castiglione delle Stiviere, intitolato a due vittime della violenza ‘ndranghetista, Marco Padovani, un ragazzo veronese rapito nel 1983 e che si uccise dopo la sua liberazione, e Maria Concetta Cacciola, una donna di Rosarno che fu portata come scelta estrema ad ingerire l’acido, dopo l’isolamento patito per la scelta di lasciare la famiglia mafiosa. Significativa la scelta della sede del presidio: l’Istituto di Formazione del personale del Dipartimento della Giustizia Minorile. I cancelli dell’istituto si sono aperti venerdì scorso per accogliere cittadini e associazioni giunti per l’occasione e per attendere l’arrivo dei ciclisti della Polisportiva Disabili della Valle Camonica (BS), protagonisti dal 6 al 21 luglio di “A ruota Libera”, una staffetta ciclistica che attraverserà tutto il Paese per arrivare in via D’Amelio, in occasione dell’anniversario della strage  di via D’Amelio. Una manifestazione organizzata da un altro presidio di Libera, quello appunto della Valle Camonica.

Nel comunicato di Libera Mantova, oltre alla stima e al sostegno espressi nei confronti di Tamburini, Condorelli e gli altri magistrati della Procura, si respinge con forza l’attacco criminale: «Vogliamo dire a gran voce che non accettiamo di dover subire soprusi e intimidazioni di alcun tipo, ma che difendiamo e sosteniamo pienamente e pubblicamente quella parte della magistratura che insieme alle forze dell’ordine, sta rafforzando l’azione di contrasto e di repressione della criminalità organizzata».
Per vincere paura, indifferenza e rassegnazione, secondo Libera Mantova è necessario uno scatto da parte di tutti, evitando il pericolo meccanismo della delega: «Non possiamo permetterci di lasciare di nuovo soli coloro che maggiormente sono esposti nella lotta contro le mafie, la corruzione e l’illegalità. Chiediamo a tutti di assumersi le proprie responsabilità e di dare un segnale chiaro ed efficace nella direzione della lotta alle mafie, dimostrando con scelte precise che la legalità conviene».

Concetti ripresi nell’intervento che ha chiuso la serata dal presidente di Libera, Don Luigi Ciotti che, di fronte alle centinaia di presenti, ha ribadito la propria vicinanza e quella dell’associazione a Tamburini e ai suoi familiari: «Gli stringerei fortemente la mano, probabilmente lo abbraccerei, ma poi non ci sono parole. Il miglior modo è quello di fare tutti e non lasciare soli quanti sono impegnati su questa strada».

Ora, in attesa degli sviluppi dell’indagine, le associazioni mantovane su invito di Libertà e Giustizia si mobilitano per un’iniziativa di solidarietà alla magistratura in programma venerdì prossimo 13 luglio: un girotondo di cittadini e associazioni attorno al palazzo di Giustizia di Mantova che vuole trasformarsi in un abbraccio, per sostenere quanti in prima fila e in silenzio si battono contro mafie e corruzione.


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