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G8: 30.000 firme per dire no al reato di “devastazione e saccheggio”

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A pochi giorni di distanza dalla sentenza di Cassazione che ha fatto saltare alcune teste tra i vertici della polizia, si attende ora di sapere come la stessa Cassazione si pronuncerà nei confronti dei 10 manifestanti arrestati a Genova e incriminati del reato di “devastazione e saccheggio” con pene previste che vanno dai 15 anni di carcere ( il massimo previsto dal c.p.) ai 6. Nel giorno della sentenza, il 13 luglio, verranno inoltre consegnate le oltre 25.000 firme raccolte nell’ambito della campagna 10X100 Genova non e’ finita. Dieci, nessuno, trecentomila’, lanciata solo un mese fa e sostenuta da importanti nomi del mondo della cultura e dello spettacolo: da Erri De Luca ad Ascanio Celestini, da Daniele Vicari e Luigi Manconi, nonché da migliaia di comuni cittadini.

L’appello è diretto e chiede semplicemente l’annullamento di una condanna comminata “in nome di un reato, “devastazione e saccheggio”, che rappresenta uno dei tanti detriti giuridici, figli del codice penale fascista, il cosiddetto Codice Rocco. Un reato concepito nel chiaro intento, tutto politico, di perseguire chi si opponeva al regime fascista.”

Gli appuntamenti previsti per domani:

– ore 10.30 appuntamento davanti alla Cassazione Piazza Cavour per seguire l’udienza

– ore 12.00 CONFERENZA STAMPA e CONSEGNA delle 30mila firme della campagna 10×100 alla Cassazione

– ore 20 Piazza Trilussa (Trastevere) per prendere parola sull’esito della sentenza

Sentenza Diaz: Magistratura democratica chiede il reato di tortura
Intanto non si fermano le reazioni successive alla sentenza di condanna nei confronti delle forze dell’ordine. Ad alzare la voce è anche la magistratura. Se in questi giorni il Pm Zucca, uno dei titolari dell’inchiesta  fa esplicito riferimento ai “depistaggi e al boicottaggio” messo in atto da parte di alcune questure a prendere posizione esplicita con una nota diramata oggi è anche Magistratura democratica: “ La gravità dei comportamenti criminosi – si legge-accertati a carico di persone che per anni sono state ai vertici della Polizia di Stato deve costituire un monito per le Istituzioni, affinché questi fatti non vengano archiviati solo come un mero “incidente” di percorso.”
E ancora: “I cambiamenti che le condanne impongono non possono limitarsi alla già disposta sostituzione dei funzionari ritenuti colpevoli, ma richiedono profondi interventi riformatori, sia sul versante normativo, con la necessaria introduzione del reato di tortura (come previsto dall’art.1 Convenzione ONU contro la tortura e dal relativo Protocollo volto alla prevenzione di tortura e maltrattamenti), sia sul piano operativo, rendendo possibile l’identificazione da parte di ciascun cittadino degli appartenenti alle forze di polizia impegnati in operazioni di ordine pubblico.

”Più in generale- conclude infine Md- è necessario che gli operatori siano formati a fare della forza o delle armi un uso effettivamente residuale e siano sensibilizzati al ruolo di eccezionale importanza che svolgono nella formazione della prova, quali sottoscrittori di atti fidefacenti. Solo in questo modo si potrà dare un senso alle scuse che le vittime inermi di questa drammatica vicenda hanno oggi ottenuto…”


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