Due giorni di riflessione, ad Acquasparta, in Umbria, per il nono appuntamento della Retitudine-Rete 2018. Un’occasione per quanti hanno vissuto l’esperienza della Rete ed ora si propongono come “lievito culturale” di una nuova politica. Una riflessione che deve necessariamente fare i conti con l’inattesa e strepitosa vittoria del suo ispiratore, Leoluca Orlando, a Palermo. L’impegno totale che Orlando dovrà dedicare alla sua città avrebbe potuto tarpare le ali ai nuovi retini, che invece escono dal seminario con la convinzione che occorra fare “rete” non solo attorno a Palermo, ma anche a tutte quelle altre esperienze dove si seminano germi di futuro. Interlocutori “vicini” come Fausto Bertinotti, ex- presidente della Camera, Flavio Lotti, portavoce del Forum della Pace, Roberto Balzani, sindaco di Forlì; lontanissimi, come Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, o, ancora, nuovi interlocutori come Federico Pizzarotti, neo-sindaco di Parma che ha dovuto rinunciare alla presenza perché impegnato nella costruzione della sua nuova giunta ma che ha dato appuntamento per un incontro a ottobre. Le riflessioni, ovviamente sono state diverse.
Con Tosi, come ha spiegato Orlando, il tema non poteva essere quello di un’impossibile alleanza, semmai quello della condivisione di comuni valori “costituzionali” e di una comune percezione del drammatico passaggio che investe oggi i sindaci, primi interlocutori dei cittadini e oggetto dei selvaggi tagli alla spesa del governo Monti. Roberto Balzani ha usato una espressione efficace per definire il ruolo dei sindaci al tempo del governo Monti: “Volevamo essere Robin Hood, siamo costretti a fare lo sceriffo di Nottingham”. Interessante anche la sua analisi sul Movimento 5 Stelle: “Il Grillismo diventa un fenomeno di massa in Emilia Romagna,dove governa il conservatorismo di sinistra”. Occorre una nuova selezione della classe dirigente non più fondata sull’illimitata possibilità di spesa bensì sulla ricerca di soluzioni innovative per reperire le risorse necessarie a rispondere ai bisogni dei cittadini.
L’analisi che accomuna tutti i partecipanti al seminario e’ la crisi’ degli attuali partiti. “Se non si attuano le norme costituzionali per la gestione democratica dei partiti e non si fa subito una riforma elettorale i partiti sono irriformabili e non so se questa assenza di interlocutori per il nuovo disagio sociale non possa sfociare nel terrorismo politico o mafioso”, dice Orlando. Per Bertinotti l’irriformabilita’ dei partiti sta nella loro “omologazione a un governo delle oligarchie tecnocratiche che costituisce la base oggettiva della Grande Coalizione cui il centrosinistra e’ organico. Ci vuole un big-bang, non sono certo che lo sbocco possa essere il terrorismo, penso piuttosto alla rivolta, che non dev’essere per forza violenta”.
Analisi che non indulgono all’ottimismo, anche se Orlando vede nelle vittorie anomale sua, di Pizzarotti e persino di Tosi, una logica che scassa le vecchie coalizioni, compresa la foto di Vasto e allude a una nuova politica, una “Terza Repubblica che non può nascere da un nuovo predellino quale sarebbe la riproposizione di una vecchia alleanza che non passi attraverso una radicale riforma dei partiti”, o quello che Bertinotti chiama un “processo costituente dal basso”. Come sempre, dai seminari della Retitudine più dubbi che certezze, ma si tratta di un cammino che non ha in mente scadenze elettorali e non risponde a logiche interne di partito e forse per questo, fuori dai clamori del teatrino politico, si afferma come uno dei laboratori della nuova politica. Senza regole prestabilite, ruoli e burocratismi. Liberi di pensare.