di Francesco Peloso
Altri documenti, come in parte si prevedeva e si temeva in Vaticano, sono usciti. E c’è da credere che nuove carte potranno approdare al pubblico nei prossimi giorni. Di nuovo sotto mira è finito, neanche a dirlo, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e ora pure il segretario personale del Pontefice, quel don Georg Ganeswein che dovrebbe presiedere alla tutela della privacy del Papa. E’ una guerra di nervi, “un gioco al massacro” dicono in Vaticano non più stupiti, ma con un senso di rassegnazione. Il timore è che sotto attacco, a questo punto, si trovi la stessa centralità del papato, la Santa Sede quale cuore e motore della Chiesa universale, cioè l’istituto che rende la Chiesa di Roma differente da tutte le altre confessioni cristiane.
Perché nell’occhio del ciclone c’è, con tutta evidenza, lo stesso Pontefice, si parla infatti dei suoi più importanti collaboratori trascinati in una sequela di rivelazioni che hanno come scopo quello di delegittimare l’autorevolezza della voce del Papa e della Chiesa. Chi ha scelto quegli uomini? E questa la domanda non più tanto sottointesa che emerge dalle rivelazioni a orologeria. Intanto padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ancora una volta ha alzato il muro difensivo: ”Il Papa conosce le situazioni, conosce i problemi della Chiesa, e ce ne sono tanti: non si spaventa per la situazione creata dalla fuga e dalla pubblicazione dei documenti riservati”. Anzi, dice Lombardi, ne arriveranno altri.
C’è però il rischio – sentito ora in modo diffuso fra i vescovi – di un’implosione, la possibilità non più remota che i mille conflitti interni producano il collasso del sistema. Così Benedetto XVI difende in modo sempre più deciso, con le parole e con i gesti – la vicinanza a Bertone sul palco delle celebrazioni milanesi – i suoi collaboratori, anche se è noto che il Segretario di Stato e don Georg, non sempre sono andati d’accordo. Si pensi fra le altre alla vicenda dei lefebvriani, gli ultratradizionalisti che dovrebbero tornare nel seno della Chiesa. Georg spinge per l’accordo, Bertone frena. Ma da oggi i due sono accomunati da uno stesso destino. E’ in questo quadro che emerge un fattore importante: la mobilitazione di cardinali e vescovi di tutto il mondo a difesa del Papa e del Vaticano che potrebbe assumere anche le forme di un pronunciamento collettivo.
Negli episcopati sta maturando infatti una mobilitazione dovuta all’allarme per quanto sta accadendo. Fra gli altri ha parlato il cardinale di Lione, Philippe Barbarin che, pur ammettendo le difficoltà a riformare la Curia vaticana ha affermato: “Quello che sta avvenendo è un’ingiustizia, una mancanza di rispetto per le persone e per l’istituzione. il Papa vuole la trasparenza ed è al di fuori delle lotte di potere fra clan; i contrasti, poi, esistono dappertutto e da queste ‘rivelazioni’ non stiamo apprendendo niente”. Il cardinale ha scritto la propria solidarietà al Papa.
Ancora si è espresso il presidente della forte conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitsch, per il quale la fuga di documenti in atto “è una tragedia” e tuttavia ha anche aggiunto che le voci di dimissioni di Ratzinger “sono speculazioni assolutamente superflue. Questo Papa rimane fedele al suo ufficio ed ai suoi impegni presi nei confronti di Dio e della Chiesa”. Zollisch ha poi difeso il cardinal Bertone spiegando che con la sua nomina a Segretario di Stato il Pontefice “non ha scelto la persona sbagliata per questo incarico”.
Sono voci che contano e che mostrano il livello di preoccupazione che si va diffondendo, ma sono anche una prova di unità. In ogni caso resta vero che, oltre le strategie difensive, la crisi di governance continua e anzi si acuisce. Ora si attendono i primi interrogatori di Paolo Gabriele, il maggiordomo definito da religiosi che conoscono bene i corridoi vaticani, “più un pollo che un corvo”; l’idea del colpevole unico, insomma, non raccoglie molto credito. Nel caos di questa crisi, la visita a Milano del Papa che doveva rappresentare l’incoronazione del cardinale Angelo Scola quale erede ideale per il Soglio di Pietro, ha raggiunto solo in parte l’effetto sperato. I corvi hanno rovinato un po’ la festa, e i guai di Cl e di Formigoni hanno fatto il resto.
*articolo pubblicato anche su il Secolo XIX