Era la notte del 27 giugno 1980. 32 anni fa. A bordo del Dc9 dell’Itavia c’erano 81 persone. Nel cielo tra le isole di Ustica e Ponza l’aereo si squarciò in volo e scomparve in mare. Sono trascorsi 32 anni e non c’è ancora la verità su quel disastro. Ne parliamo con Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Ustica.
Daria Bonfietti, 32 anni non sono un periodo breve, ma comunque i dubbi, le perplessità e i buchi neri su Ustica sono attualissimi e si fanno sempre più spessi. In queste ultime ore ci sono stati segnali anche importanti, non so quanto efficaci: Prodi e Veltroni che scrivono che “la verità non può essere disattesa”…
“Penso che queste prese di posizione siano molto importanti, ci fanno sentire meno soli anche in questo trentaduesimo anniversario. Credo che sia davvero inaccettabile che in uno stato di diritto, dopo 32 anni, si debba prendere atto che è stato abbattuto un aereo civile in tempo di pace e non si riesca a sapere, o non si debba sapere, chi sono i colpevoli. L’unica cosa nuova in questo anniversario è che qualcuno ha risposto, ed è il Belgio, che probabilmente non è stato “informato” dagli altri, e quindi ha “rotto la consegna” del silenzio rispondendo, appunto, che c’è un segreto. Mai come in questo momento i segreti di stato “parlano” e urlano la loro verità. Dice il Belgio: “Le notizie sono di natura tale da pregiudicare gli interessi militari essenziali del Belgio”. Credo che questa sia un’importante dichiarazione. Gli si chiedeva che cosa facessero molti suoi aerei quella notte a Solenzara, di cui vi era evidenza per i giudici, e questa è stata la risposta: non vogliono, o non possono rispondere per non pregiudicare gli interessi militari. Allora io credo che non possiamo non andare avanti, perché manca solo l’ultimo tassello. Credo che il nostro Paese ed il governo debbano attivarsi maggiormente affinché quest’altro spezzone, ma bene importante, di verità possa essere scritto. Voglio ribadire che la maggior parte dei cittadini italiani e delle istituzioni di questo Paese, Presidente della Repubblica compreso, sono al nostro fianco. Continueremo la nostra lotta per la verità perché pensiamo sia inaccettabile questo buco riempito solo da silenzio. Lo stiamo dimostrando in tutti i modi: qui a Bologna abbiamo allestito un museo per la memoria di Ustica, che vede la presenza del relitto insieme a quella di un’opera importante di un’artista contemporaneo. Abbiamo voluto che la gente si avvicinasse, seppure lentamente, alla verità.”
C’è anche un’assonanza nelle cronache e nelle rievocazioni di Ustica di questi giorni con altri temi, tipo quello della stagione stragista della mafia e dei rapporti Stato- mafia. Ti senti di esprimere una tua sensazione sulle vicende che hanno dato vita a scambi anche feroci in questi giorni sulla stampa?
“Io voglio solo dire che se c’è qualcosa che accomuna tutte queste tragedie è proprio il constatare che vi sono stati sempre e comunque degli uomini, degli apparati dello Stato che hanno “contribuito” ad allontanare le varie verità.”
I familiari delle vittime della strage di Ustica, però, il Quirinale lo hanno sempre avuto vicino…
“Assolutamente sì. Due anni fa, in occasione del trentesimo anniversario abbiamo avuto modo di parlare e di rendere a tutti chiari il senso, il motivo e l’abnegazione con i quali abbiamo fatto questa battaglia e il Presidente della Repubblica ha avuto modo di riconoscere che purtroppo sugli intrighi internazionali alcuni comportamenti “strani” da parte di alcuni corpi dello Stato si sono succeduti. E allora andiamo tutti nella stessa direzione, vorremmo tutti avere un Paese in cui ci si potesse sempre fidare delle nostre forze armate, degli apparati dello Stato, ci si potesse sentire difensori di uguali ideali e diritti. Purtroppo – strano a dirsi – non è sempre così.”