Licenziato per aver rilasciato un’intervista. E’ successo a un operaio, responsabile della sicurezza per i lavoratori, di una ditta riminese del settore alimentare. Il 31 gennaio scorso a Rimini si era tenuto un convegno sulla sicurezza organizzato dalla Cgil nazionale. Operai provenienti da diverse parti d’Italia avevano raccontato episodi gravi, con decessi e feriti, nelle loro aziende. A margine di quel convegno Antonio Urbinati aveva parlato con alcuni giornalisti locali del tema degli appalti: del ricorso sempre più consistente delle imprese locali alle cooperative per compiti storicamente affidati all’organico interno all’azienda, compreso il delicato settore della movimentazione merci. Un quadro potenzialmente pericoloso in cui aveva fatto rientrare anche la sua di azienda, la Marr, una delle più stimate sul territorio riminese dove opera da 40 anni. Una grande fetta di lavoratori, aveva affermato, che hanno lasciato l’azienda perchè sono andati in pensione, o perchè gli era stato imposto un cambio di mansione che non riuscivano a sostenere, è stata sostituita con lavoratori delle cooperative, coperti da minori tutele.
A meno di un mese da quell’intervista, il 27 febbraio, ad Antonio – 56 anni, quattro anni alla pensione – arriva una lettera di licenziamento, con la motivazione di aver fatto dichiarazioni lesive dell’immagine aziendale. Sulla stampa appare una parziale smentita di quanto dichiarato, in cui si spiega che il lavoratore intendeva riferirsi alla situazione generale, non al singolo caso. Nulla da fare. Il 15 maggio la Filcams Cgil organizza un presidio davanti all’azienda, e annuncia che il licenziamento verrà impugnato: deciderà il giudice sull’eventuale reintegro. Sul fatto se l’azienda abbia avuto ragione oppure no. Intanto, però, c’è un fatto: la condizione di rls non ha messo al riparo l’operaio.
Come successo a un numero non precisato di lavoratori su e giù per lo stivale negli ultimi anni. Del fenomeno, infatti, non esiste un monitoraggio. “Difficile quantificare i licenziamenti di rls per motivi legati all’esercizio della loro funzione” nota Sebastiano Calleri, Responsabile Ufficio nazionale Salute e Sicurezza della Cgil. “Ci sono tanti casi di rls licenziati per motivazioni che non hanno a che fare col loro ruolo: come si fa in quel caso a capire se l’azienda ha usato una scusa per mandarli a casa? E’ il giudice a doversi pronunciare caso per caso, quando il licenziamento viene impugnato.”
Inoltre, se, secondo quanto stabilito dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008 e successive integrazioni), l’rls “è autorizzato a rivolgersi alle autorità competenti per sollecitare il loro intervento, qualora ritenga che le misure di protezione adottate siano insufficienti”, nel testo non c’è riferimento alla possibilità di rilasciare dichiarazioni rivolte all’opinione pubblica. “Le aziende non a caso licenziano con la motivazione che sono state rilasciate dichiarazioni lesive dell’immagine aziendale. Nel merito, se il fatto denunciato sia vero oppure no, spesso non si entra neppure” dice Calleri.
Che ricorda, tra gli episodi più eclatanti degli ultimi anni, il caso di Dante De Angelis, il ferroviere licenziato dalle Ferrovie dello Stato nel 2008 per aver segnalato alla stampa, dopo averlo fatto alla magistratura, una serie di guasti che si erano verificati agli eurostar. L’uscita pubblica dell’rls era avvenuta dopo lo spezzamento di un etr 500 in arrivo a Milano: un grave incidente che per fortuna non aveva fatto vittime. Al licenziamento era seguito uno sciopero nazionale dei ferrovieri, anche per affermare il diritto a poter parlare dei problemi della sicurezza. Nel 2009 il giudice aveva poi annullato il licenziamento.
Nel caso riminese, Antonio Urbinati, insieme ad altri colleghi, aveva fatto alcuni anni fa una segnalazione allo sportello dedicato agli rls presso la Ausl locale, a seguito della quale erano stati fatti alcuni controlli. Neppure di queste segnalazioni esisterebbe un monitoraggio a livello nazionale. Il funzionario responsabile, Loris Fabbri, conferma che “dall’Ausl non parte un flusso informativo sulle segnalazioni degli rls verso un ente della pubblica amministrazione che le raccoglie”. Ma tutte le segnalazioni e gli esposti vengono naturalmente protocollati negli archivi delle aziende sanitarie locali. In provincia di Rimini queste segnalazioni sono nell’ordine della decina all’anno.
Ma se in casi come quello di De Angelis e di Antonio Urbinati l’azienda finisce sotto la lente delle cronache spesso più per il licenziamento, che per il fatto denunciato dai lavoratori, con la riforma Fornero il timore della Cgil è che qualche impresa che intende mettere a tacere i propri rls possa evitarsi ogni fastidio: “Basterà usare la carta del licenziamento per motivi economici” dice Calleri. E quello della sicurezza, secondo il responsabile Cgil, è un terreno su cui potrebbero prepararsi numerose battaglie nei mesi a venire: “Il Governo il 15 maggio scorso, in nome della semplificazione, ha emanato un decreto con cui rimanda la valutazione dei rischi per le piccole imprese. Che costituiscono oltre l’80% della realtà imprenditoriale del nostro paese”.