Nel metodo adottato da Monti per le nomine Rai c’è qualcosa di sorprendente, non sai se dettato dalla profonda convinzione che la capacità tecnica prevalga su tutto, da ingenuità o da sottovalutazione dello strapotere partitocratico.
Il Presidente del Consiglio ha sicuramente mostrato coraggio; ma in quella sua dichiarazione sulle scelte di politica editoriale, che comunque rimangono di insindacabile potestà del Consiglio d’Amministrazione, è come se, pur di non intaccare la mortale (per la Rai) legge Gasparri, accettasse l’idea di due Rai: una affidata alle cure dei suoi manager che si occuperanno di dirigenti aziendali, risanamento conti, apparato, strutture; l’altra, quella della qualità dei programmi e dell’informazione, quella che deve occuparsi della mission culturale e d’intrattenimento dell’azienda, lasciata comunque nelle mani di logiche politiche e di spartizione di potere che negli ultimi anni hanno prodotto non solo il crollo di ascolti del TG1 e della Radio, ma anche la cacciata dei vari Dandini, Ruffini, Santoro, Saviano.
Se a questo si aggiunge la ripetuta dichiarazione del Pd e di Bersani che non parteciperà al gioco delle nomine per il nuovo consiglio d’amministrazione – assolutamente corretta se così si riuscisse a bloccare la Gasparri, autolesionistica se si pensa a quale Consiglio d’Amministrazione governerà la Rai nei mesi immediatamente precedenti le prossime elezioni politiche – si capisce bene perché intorno alle nomine di Monti c’è stato un coro unanime di plauso: sia da chi ha accolto come una liberazione il cambio del vertice aziendale, sia da parte della maggioranza politica ancora in carica che sa che comunque tutte le decisioni contenutistiche saranno decise nel CdA che, grazie alla Gasparri, è nel suo pieno controllo.
Cambiare tutto per non cambiare nulla, allora? Non credo che questo sia il vero obiettivo di Monti. Sarà così se si lascerà alla neo designata Presidente un compito meramente bancario. Se invece le si riconoscerà un vero ruolo di garanzia, pur continuando a battersi per abrogare l’immonda legge Gasparri, si potrebbe utilizzare questa fase per cominciare a cambiare un’Azienda che altrimenti continuerà ad essere inesorabilmente sotto il rigidissimo controllo della forza politica che – non bisognerebbe mai finire di ricordarlo – è stata inventata, costruita, strutturata e portata al successo dal titolare di un conflitto d’interesse che non ha uguali nelle moderne democrazie.