IndigneRai, “la metastasi che tiene in stato comatoso l’azienda che amiamo e’ la diabolica legge Gasparri

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“Il giorno 28 giugno presso l’auditorium di via Rieti in Roma il Sen. Gasparri e’ stato invitato ad intervenire in un dibattito organizzato dalla Cisl sul tema:”Tracce di servizio pubblico – una Rai bene comune da rivalutare”. Dopo aver controllato eventuali errori nella lista degli invitati e trattenuto con difficoltà un’ irrefrenabile risata, riteniamo sia doveroso dire la nostra in qualità di LAVORATRICI E LAVORATORI DEL MONDO RAI al Senatore il quale tanto si prodiga a pontificare sul concetto di bene comune che nella politica che frequenta e’ stato abbandonato da tempo in luogo del BENE PRIVATO”. E’ quanto scrive il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori “Indignerai”.

“Noi dipendenti RAI siamo ogni giorno più consapevoli, come dipendenti prima e cittadini poi, delle scelte politiche che i vari governi hanno intrapreso in materia radiotelevisiva. La legge Gasparri regolamenta il sistema radiotelevisivo e stabilisce le regole della governance RAI dal 2004, dobbiamo constatare che da quella data la TV PUBBLICA non ha mai saputo produrre buoni risultati in termini di bilancio e di soddisfacimento del contratto di SERVIZIO PUBBLICO, oltremodo violato dalle recenti scelte di programmazione e di tagli messi in atto dall’ attuale e dalla precedente dirigenza.
Ci sentiamo ostaggio di un criterio di scelta di amministratori di un BENE COMUNE, come dovrebbe essere la nostra TV PUBBLICA, che poco ha a che fare con un paese civile.
“Chiediamo al Senatore Gasparri – scrive “Indignerai” – se il buco di bilancio prodotto dalla dirigenza a nomina partitica imposta dalla Sua legge non sia la diretta responsabilità dei problemi che vive ora la RAI.
Chiediamo al Senatore Gasparri se ricorda vagamente l’articolo 20 al comma 4 della legge che porta la Sua firma ma attribuita, senza smentita, ad Antonio Pilati che afferma:” Possono essere nominati membri del consiglio di amministrazione i soggetti aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale ai sensi dell’articolo 135, secondo comma, della Costituzione o, comunque, persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali. Ove siano lavoratori dipendenti vengono, a richiesta, collocati in aspettativa non retribuita per la durata del mandato.”, e se ritiene che tutte le personalità sin qui elette nei vari CDA RAI siano davvero indipendenti oppure legati in qualche modo al mondo Mediaset, come lo stesso Pilati che state appoggiando come candidato al prossimo CDA le cui elezioni si stanno rimandando colpevolmente alle calende greche.
Il tempo non e’ amico della nostra azienda la quale vive per la gran parte di soldi pubblici. I cittadini non sono più disposti a finanziare un canone per una TV che non rappresenta più niente se non un mondo politico ormai lontano dalla realtà il quale si confezione reality e fiction a proprio uso e consumo.
Noi come movimento di dipendenti RAI abbiamo capito che la metastasi che tiene in stato comatoso l’azienda che amiamo e’ la diabolica e ignobile legge che porta il Suo nome; abbiamo chiesto e chiederemo, ad ogni vostra prepotente e ignorante sopraffazione, con rinnovata forza, l’abrogazione dei punti di legge in materia di nomina del CDA che tengono ostaggio la RAI e il naturale svolgimento del servizio pubblico a cui e’ chiamata per diritto.
Sosterremo con energia ogni giorno rinnovata la proposta di riforma della governance RAI presentata insieme a MOVE ON da far discutere ed approvare al prossimo parlamento per succhiare via il veleno che la “Sua” legge ha prodotto nella Nostra RAI”.
“I dipendenti RAI – conclude il comunicato – vogliono tornare a fare quello che meglio sanno fare, con riconosciuta professionalità e competenza e cioè IL SERVIZIO PUBBLICO. Vogliamo restituire la RAI a chi paga con sacrificio un canone, vogliamo fare uscire il paese dal buio culturale in cui l’avete ridotto”.


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