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Quegli sporchi affari del mafioso Nino Lo Giudice

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Davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria il pentito Nino Lo Giudice detto il ‘’nano’’, ‘ndranghetista di primo piano, ha descritto minuziosamente quegli sporchi affari che lui, assieme ad altre undici persone (quelle che sono a processo) tra cui il fratello Luciano, hanno gestito in tanti anni di storia criminale. Tra gli imputati spicca anche il nome di un ufficiale dei carabinieri Saverio Spadaio Tracuzzi, trait d’union con la cosca ed adesso sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il pm Beatrice Ronchi ha evidenziato come il clan Lo Giudice gestiva un discreto flusso di affari grazie ai proventi delle estorsioni, affari che gravitavano nell’orbita del ricco ed operoso nord sempre più permeabile a questo tipo di infiltrazioni che, come nel caso del Piemonte, attanagliano queste terre investendo capitali freschi e puliti. A Milano la cosca era specializzata nel commercio di legnami e di automobili di lusso; a Prato il giro d’affari consisteva nel commercio dei gioielli ed a Padova erano invece gli investimenti immobiliari a tirare alla grande. Ma Nino Lo Giudice si occupava direttamente di questo malaffare subito dopo che il fratello Luciano, imputato come detto nello stesso processo, venne arrestato.
Nino Lo Giudice è stato definito dai pm un membro col ruolo di ‘’padrino’’, massima grado della piramide mafiosa, che ha assunto la guida del clan dopo la morte del padre avvenuta nel 1990 in una delle tante guerre tra clan a Reggio. Ma come riporta il Corriere della Calabria, il pentito Lo Giudice ‘’ soffermato, inoltre, sugli attentati compiuti nel 2010 a Reggio Calabria contro l’ufficio della Procura generale e l’abitazione del pg Salvatore Di Landro e sull’intimidazione compiuta ai danni dell’allora procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, con un bazooka lasciato nei pressi degli uffici della Dda, confermando di essere stato lui il mandante e di averne affidato l’esecuzione ad Antonio Cortese e Vincenzo Puntorieri, imputati anche loro nel processo’’.


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