«Inutile dire che noi non ci fermiamo, attendiamo più di 200 giovani per i campi di lavoro su questo bene confiscato, il 9 luglio sarà la volta della tappa del Festival itinerante Libero Cinema in Libera Terra e stanno per avere il via i lavori di ristrutturazione della Masseria che sorge su questi terreni sottratti ai boss della Sacra Corona Unita». Alessandro Leo, presidente della cooperativa Terre di Puglia Libera Terra commenta così l’ incendio verificatosi nella giornata di ieri e che ha distrutto sette ettari di grano in Contrada Canali a Mesagne in provincia di Brindisi, terreni affidati alla Cooperativa Terre di Puglia Libera Terra, per il riutilizzo sociale post – confisca ai boss della Scu. I giovani della cooperativa, dopo il sopralluogo tecnico, hanno presentato una denuncia contro ignoti alla locale compagnia dei Carabinieri. I terreni seminati a grano affidati alla cooperativa Libera Terra Puglia sono due: il primo di circa sei ettari e il secondo di circa quattro ettari.
A prendere fuoco è stato il primo appezzamento, quello più grande, dove erano stati stimati non meno di 200 quintali di grano che doveva esser trebbiato tra qualche giorno per produrre i i taralli a marchio “Libera Terra”. Adiacente a questi terreni c’è una masseria confiscata e che sarà ristrutturata a breve grazie a un progetto finanziato dal Pon Sicurezza per la realizzazione di una masseria didattica. Già nel passato più volte la cooperativa Terre di Puglia Libera Terra è stata oggetti di numerosi atti intimidatorio e incendi che hanno distrutto vigneti ed ettari di grano.
Ha la voce stanca Alessandro Leo, presidente della cooperativa che dal 2006 ad oggi ha visto atti come questo continuare senza sosta e pensa al grano che sarà necessario per produrre gli ormai famosi “taralli di Libera Terra” ma non si scoraggia e aggiunge: «adesso vedremo come rimediare alla perdita di questo grano, ci sono altri appezzamenti di terra che possono permetterci di non fermarci, di mettere in circolo questi e altri prodotti». Non sono soli i ragazzi della cooperativa pugliese. Hanno il sostegno della società civile, dei giovani del paese e delle istituzioni locali.
«In attesa dei riscontri necessari e osservando il doveroso riserbo per il lavoro delle forze dell’ordine e ringraziando l’ impegno delle istituzioni – commenta in una nota Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie – ribadiamo con forza e determinazione che le fiamme in Puglia come quelle in Sicilia insieme alle altre forme di intimidazioni subite negli ultimi giorni non fermeranno la scelta e l’ impegno del nostro percorso di restituzione alla collettività di quanto le mafie hanno sottratto con la violenza e la minaccia. Il nostro impegno per la legalità e la giustizia- prosegue Libera – non subirà alcun cedimento e queste intimidazione sono la riprova del positivo che in quella terra come nel resto del paese stiamo cercando di costruire anche grazie alla preziosa opera di magistratura e forze dell’ordine, dell’associazionismo, del mondo cattolico e di molte amministrazioni attente».
«Le fiamme non fermeranno il riscatto della legalità – ha dichiarato Libera – anche perché non si deve cedere alle eventuali intimidazioni di quanti credono con la violenza di seminare paura. A Mesagne da tempo è stata seminata la speranza e il raccolto continuerà a essere fruttuoso. Da tempo in questo territorio sono ben radicati gli anticorpi sociali pronti a rispondere sempre con attenzione e corresponsabilità a qualsiasi atto intimidatorio. Coltivare e produrre sui terreni confiscati ai mafiosi e creare lavoro libero dalle mafie rappresenta il più grande schiaffo alla criminalità organizzata e a chi la copre. Noi continueremo in quel territorio- ha concluso nella nota Libera – a coltivare la speranza, la freschezza di prospettive fondata su lavoro vero, tenace e concreto».
Solo alcuni giorni fa un incendio aveva distrutto una buona parte dei terreni confiscati ai clan catanesi sulla cooperativa di Belpasso (Ct) dedicata al commissario di polizia Beppe Montana, ucciso dalla mafia. Le mafie hanno capito che quello del riutilizzo sociale dei beni confiscati è lo strumento vitale e chiave della lotta alle mafie in questo Paese. E lo fanno capire con intimidazioni e atti vandalici. Ma i giovani che hanno scelto da che parte stare, che amministrano questi terreni nell’interesse della comunità, non si arrendono. E sanno di non esser soli. Quest’estate dal Nord al Sud del Paese più di 5000 giovani sono al loro fianco per lavorare, organizzare e gestire i terreni sottratti ai boss.