di Nadia Redoglia
Oggi la fo un po’ lunga, ma confido ne valga la (vostra e mia) “pena”…
Nel gennaio 2012 un giudice tutelare (adito a potere -non dovere- d’autorizzare la donna minorenne a decidere l’interruzione di gravidanza ex art. 12 L. 194/78, con atto non soggetto a impugnazione) è ricorso, in un caso specifico, alla Consulta affinché si pronunciasse in merito all’incostituzionalità della legge in particolar modo rivolta ai costituzionali artt. 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e 32 (tutela della salute). La Corte deciderà il 20 giugno. Come primissima riflessione ci par d’obbligo chiederci che n’è stato di quella donna, visto che da gennaio a oggi sono ampiamente trascorsi i 90 gg. entro i quali poteva esercitare il suo buon diritto ex art. 4 della 194: è stata “costretta” a proseguire la sua gravidanza, nonostante questa comportasse serio pericolo per la sua salute fisica o psichica (già stabilito a monte dagli organi preposti e dunque prima dell’intervento del giudice tutelare)?
Il magistrato ha posto il quesito alla Consulta avvalendosi pure di sentenza della Corte Europea. Vediamola: questa verteva non già sull’interruzione volontaria di gravidanza, bensì sulla pretesa (poi bocciata) a brevettare un farmaco (contro il morbo di Parkinson) ricavato da staminali embrionali. Ciò comportava la “distruzione” d’embrioni. A tal fine e in quel senso la Corte di giustizia UE, intervenendo sulla natura di “embrione umano” pronunciò: “sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un embrione umano, dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”.
Ed è proprio in virtù dei costituzionali 2 e 32 (la sentenza europea c’entra come i cavoli per merenda e quelli sotto cui si spacciano le nascite) che a questo punto ci sembra il minimo chiedere: chi, se non il magistrato, dovrebbe (pre)occuparsi di tutelare gli inviolabili diritti, alla salute compresi, dell’essere umano non solo già sviluppato, ma a tutti gli effetti dichiarato ufficialmente Persona (date le premesse del caso in oggetto, il fatto che si tratti di minorenne è irrilevante)? A scanso di fraintendimenti è bene ricordare che la tutela del diritto alla salute è ormai intesa, secondo la definizione dell’OMS, come uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non come una semplice assenza di malattia. Sarebbe valsa la pena meditare prima su questo fatto già sentenziato e passato in giudicato piuttosto di altro ancora in iniziale fase processuale.