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Vittoria Hollande. Cosa cambia per l’Italia e per l’Europa

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Sono passate poche ore -neppure un giorno intero- dalla vittoria larga  e per certi aspetti imprevista almeno nelle dimensioni, di Francois Hollande nelle elezioni presidenziali francesi, e in Italia si avvertono… – per ora a livello dei mezzi  di comunicazione, ma forse  nei giorni prossimi avverrà anche a livello politico- i primi echi significativi. Mi ha colpito leggere in quotidiani come Il Corriere della Sera di Milano e La Stampa di Torino (che pure hanno sempre sostenuto il governo tecnico di Mario Monti, anche quando ha adottato provvedimenti almeno in parte discutibili)  le prime, importanti ammissioni.

Su quello che è stato -eccetto che negli anni della direzione di Piero Ottone– il grande organo della borghesia lombarda ed è diretto ora – per la seconda volta- da Ferruccio de Bortoli, l’editoriale di Sergio Romano ha elogiato Sarkozy per la dignitosa ammissione della sconfitta (e si può  essere persino d’accordo) ma soprattutto, il  breve articolo di Federico Fubini, che ha aperto il Supplemento economico del lunedì, ha sottolineato il potere eccessivo delle banche e ha invitato il governo Monti a chiedere a Francoforte misure rapide ed  efficaci di fronte alla fragilità di bilancio di Londra e alla crescita dei disoccupati negli Stati Uniti come ai tassi di interesse che in Europa, come  in Italia, restano più alti del tasso di crescita.

Il quotidiano di Mario Calabresi a Torino ha affidato invece a Cesare Martinetti un ampio editoriale che ha disegnato il peso e il significato, dopo diciassette anni dalla presidenza di Mitterand, del ritorno dei socialisti all’Eliseo.
Ma questa mattina bisognava aprire il giornale del Partito Democratico ( ritornato, dopo alcuni anni,  al suo formato normale) dove non solo nel suo editoriale il direttore Claudio Sardo  sottolinea la grande speranza europea legata  alla vittoria di Hollande ma vengono ospitate due interviste ( la prima allo stesso Hollande e la seconda all’onorevole Franco Marini) che pongono a ragione l’accento sul significato “europeo del voto”, a un nuovo, coraggioso europeismo, oggi  del tutto necessario per superare l’impasse che domina da tempo il vecchio continente.

Per l’Italia la necessità diventa particolarmente urgente di fronte a sintomi inquietanti, come l’attentato terroristico di Genova a Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, e gli attacchi, sempre più frequenti delle organizzazioni mafiose in tutto il paese.
L’uno e l’altro elemento concorrono a sottolineare i pericoli che qui da noi  sono dietro l’angolo e rendono più difficile l’opera di un governo tecnico che – pur  con tutta la sua buona volontà e le riforme parziali compiute nel primo anno del suo lavoro –  difficilmente  puo’ risolvere, prima delle prossime elezioni politiche, i problemi di fondo di un paese come il nostro, già messo a dura prova da vent’anni di pessimo  populismo berlusconiano.

Occorre dirlo con chiarezza, è la prospettiva politica europea e quindi anche italiana che è cambiata con la vittoria del leader socialista. Fino a ieri le previsioni, non solo dei sondaggisti ma anche della maggior parte degli osservatori e dei commentatori più accreditati della carta stampata e dei canali televisivi, sembravano andare con sfumature più o meno grandi verso il consolidamento della destra nel vecchio continente e un simile elemento poteva far pensare a una successione poco piacevole ai governi tecnici e conservatori che di fatto in Italia, in Francia e in Gran Bretagna hanno caratterizzato il panorama europeo nei trascorsi tre, quattro anni succeduti all’ultima vittoria di Berlusconi in Italia, della Merkel in Germania e di Sarkozy in Francia.

Oggi la prospettiva, dopo la vittoria di Hollande in Francia, dei laburisti in gran parte della Gran Bretagna e le gravi contraddizioni accentuatesi ormai disperatamente in Grecia, sta cambiando e, se le elezioni amministrative in Italia di cui sapremo nelle prossime ore i risultati, andranno nella medesima direzione si potrà pensare con maggiore speranza anche alla scadenza elettorale prevista nel nostro paese (non sappiamo quando ma al massimo nei primi mesi del 2013).

Ecco siamo per ora al mutamento di un clima dopo un periodo molto positivo per i leader delle destre europee e molto negativo per la sinistra. Oggi non si può più dire che le cose debbano andare per forza così. Ed è, mi pare, un primo, importante risultato.


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