Esce il 18 maggio per l’editore Coppola, VENT’ANNI a cura di Daniela Gambino ed Ettore Zanca. In memoria delle stragi del ’92. Racconti, interviste, testimonianze, impressioni, monologhi teatrali e testi di canzone, per non dimenticare le stragi del ’92 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e i componenti – uomini e donne – delle scorte.
Il diario di una partecipazione emotiva, un ritratto di Palermo e del Paese. Emozioni intime che diventano condivise.
“(…) Abbiamo provato a riportare e riportarci alla memoria due stragi del 1992 nel modo più dolce possibile. Come riaprire una ferita per curarla meglio, con più amore. (…) Sono venuti fuori ricordi con la sete di giustizia, la voglia di consegnare un mondo più onesto, l’eredità morale (…) la consapevolezza che non c’è ancora un colpevole certo e non ha pagato del tutto chi dovrebbe pagare…”
Dalla quarta di copertina firmata da Ettore Zanca
Hanno partecipato alla stesura del libro: Salvatore Coppola, Maria Falcone, Rita Borsellino, Ignazio Arcoleo e Roberto Gueli, Letizia Battaglia, Rachid Berradi, Augusto Cavadi, Luigi Ciotti e Raffaele Sardo, Amelia Crisantino, Gaetano Curreri, Giuseppe Di Piazza, Daniela Gambino, Alfonso Giordano, Maurilio Grasso, Stefano Grasso e Corrado Fortuna, Enzo Guidotto, Sebastiano Gulisano, Ferdinando Imposimato, Pina Maisano Grassi e Chiara Caprì, Antonio Mazzeo, Natya Migliori, Marilena Monti, Carlo Palermo e Denise Fasanelli, Aldo Penna, Pippo Pollina, Enrico Ruggeri, Luca Tescaroli, Ettore Zanca.
VENT’ANNI a cura di Daniela Gambino ed Ettore Zanca, immagine di copertina di Gaetano Porcasi, Coppola editore, f/to 13X19, pag 128, prezzo 12 euro, collana Linea emozioni. www.coppolaeditore.com
“Li abbiamo persi. Come parenti premurosi, figli addolorati, amici che ancora non ci credono siamo andati nella loro casa.
Siamo entrati in quella intimità fatta di scatole ingiallite e polvere che se sparsa evoca ricordi
Tra foto che ricordiamo e altre che la vita non fa appartenere al mondo per pudore, abbiamo cercato
C’erano i baci di Francesca e Agnese, dal primo amore alla quotidianità mai banale
C’erano figli che hanno voluto un bene speciale a un papà che appartiene a tutti, a metà tra la gelosia di condividerlo
E la certezza che il vero Paolo ha un piccolo intimo monolocale nel loro cuore, di cui nessuno possiede la chiave
Ci sono i figli mai avuti ma importanti perchè “non generiamo orfani”
C’erano quelli che li chiamavano “dutturi” e quando li vedevano gli si accendeva la luce dell’ammirazione e della protezione per quelle anime sole
un’ammirazione pagata cara ma mai rimpianta
Li abbiamo persi e li ritroviamo bambini alla Magione, di un colore virato a seppia e un destino leggero e scrostato che ancora non pesa.
Abbiamo diviso le immagini, tutte insieme pesavano troppo per un cuore affannato a cercarli.
Ma non abbiamo portato via nulla, le abbiamo messe su tappeti. Provando quella visione dall’alto.
Vedevamo particolari delle loro vite e delle loro fragilità che se fossero stati lì ci avrebbero occultato.
Allora abbiamo scritto una domanda su un foglio, “chi erano?”
Siamo andati dai vicini.
Chi insieme a loro si era lasciato guidare per una canzone
Chi ha scosso la testa sperando che quell’immagine contorta non fosse lamiera di auto che fa male se penetra nella carne e non fa dormire
Chi cerca giustizia come Diogene
Chi indossa la toga e ha un posto nello scranno della storia
Chi ha un ricordo che non va in vacanza
E poi chi quel rumore di bomba l’ha sentito e l’ha raccontato a occhi che non hanno visto ma con un cuore che sente
Chi insegna legalità, chi la prega, chi la dipinge
E poi se guardi bene c’è il poeta in musica che la ferita della strage l’ha vista non ancora suturata
C’è chi è arrivato a Capaci dopo pochi minuti e ha preso in mano il destino di Giovanni arrivando a condannarne i carnefici
Chi corre più veloce dell’ingiustizia, chi combatteva e fotografava, chi Palermo la porta nel cuore a fatica ma la porta e chi ha avuto il calcio per amare La Palermo con Il Palermo
Chi gira il mondo ma sempre da quei posti ripassa
Chi è teatrale nel parlarne ma non è pomposo
Chi quel lutto enorme e pesante come tendaggi di teatro lo aveva caricato in spalla pochi mesi prima e adesso si guarda allo specchio con chi era poco più che venuto al mondo
Chi ha 190 km di distanza che volano in un attimo, poi c’è chi usa le lacrime come sfere di cristallo e li vede bambini e chi ai bambini deve spiegare quella tragedia
Chi scrive placido ma non sconfitto, chi analizza e non abbassa gli occhi, chi racconta in note e ricordi
Poi arrivi ad altre porte e prima di bussare ti si apre
Perchè c’è chi ha l’ansia di raccontarti come mai Paolo aveva tirato fuori dalla sua borsa prima l’agenda rossa e poi la sua amicizia per donargliela
E c’è chi ti racconta che quella tragedia lo poteva rendere orfano, ma il destino non ha indossato i panni del killer
Infine chi le parole del ricordo le ha scritte col sangue, lo stesso sangue di loro. Di Quelli che abbiamo perso
Poi tre storie che magicamente per pura combinazione alfabetica parlano in successione di infanzia, di pallone, di vita e di espressioni palermitane come “ma dici vero?”
di eventi e punti di vista particolari dei momenti in cui li abbiamo persi, o forse crediamo di averli persi.
Noi chiudiamo discretamente la porta al rientro da quel giro rimembrante. Quelle foto pesano di meno. Si sente odore di caffè appena fatto
In cucina due tazzine, un’agenda, degli occhiali, dei libri.
Sono passati, per dirci quali foto gradiscono davvero. Le hanno lasciate lì facendoci credere che le stavamo scegliendo noi
Giovanni e Paolo non li abbiamo persi, si sono solo assentati un attimo. Un attimo lungo Vent’anni.
Ma in mezzo ai loro impegni, hanno sempre avuto un minuto per chi aveva bisogno di loro.
E noi ne abbiamo tanto. Per questo li ricordiamo scrivendo.
Voi portate la vostra anima e il desiderio di leggerci.
La Storia la portiamo noi”.
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