Egregio direttore, leggo svariati quotidiani al giorno, ormai soprattutto sul web ma a parte qualche rara eccezione mi sembra che l’unica preoccupazione relativa alla situazione greca sia non tanto per il destino di Atene quanto per quello italiano. Il leit motiv “non facciamo la fine della Grecia” a mio avviso connota profondo egoismo, miopia politica e superficialità giornalistica. Il segno tangibile di un’Europa che è tutt’altro che un continente coeso e attento ai problemi dei paesi più deboli (i più forti ce la fanno da soli). Come finirà?
Cordialmente Lucio D’Antoni
Caro Lucio, sono d’accordo con lei. Non sappiamo ancora come andrà a finire ma sappiamo com’è andata. Sappiamo delle speculazioni finanziarie perpetrate dai Paesi forti su quelli più deboli. Così è avvenuto con i fondi speculativi anglosassoni sul debito greco. Sappiamo che il tracollo di Atene è “un’opportunità d’oro” per Berlino e la Bundesbank, come ha spiegato l’economista Yanis Varoufakis.
Ma sappiamo anche che il fallimento della Grecia sarà il fallimento dell’Europa e dei suoi principi ispiratori. Penso anch’io che il refrain “non facciamo la fine della Grecia” sia di pessimo gusto nonché irrispettoso nei confronti di questo Paese, che è la culla della civiltà europea. Lo stesso termine “Europa” viene dal greco (significa “largo sguardo”, ironia della storia). Più o meno una parola su quattro di quelle che noi pronunciamo deriva dalla lingua di Aristotele, Platone e Socrate. E allora il pericolo di divenire come la Grecia, come ha ben scritto Barbara Spinelli su Repubblica ci trasforma effettivamente tutti in “storditi spettatori di un rito penitenziale, dove s’uccide il capro per il bene collettivo”.
C’è da augurarsi allora che la Grecia esca dal “dracmatico momento” che sta vivendo (come ha titolato ironicamente il quotidiano “Il Manifesto”), risollevandosi partendo dalle sue radici; quelle di un Paese che ha contribuito all’evoluzione del pensiero e ha insegnato al mondo il significato del termine “democrazia”. Che è sovranità del popolo, non delle banche e degli interessi particolari.
Cordialmente Stefano Corradino