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Rilasciato il giornalista turco Baha Okar

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Erano in pochi a sperarci. E così, quando a metà pomeriggio (dopo due ore di udienza e una breve camera di consiglio) il funzionario del Tribunale di Istanbul ha dato agli avvocati il foglio che autorizzava il rilascio, la gioia della moglie Susan (nella foto), dei familiari e degli amici riuniti nella corte del quartiere di Besiktas (massicciamente presidiata dalla polizia) è stata ancora più intensa. Baha Okar, giornalista turco in carcere da diciassette mesi, torna in libertà: il processo a suo carico va avanti, ma le prossime udienze le potrà seguire da uomo libero. Fuori lui, ne restano però quasi cento dietro le sbarre. Una situazione di drammatico attacco alla libertà di stampa, che ha indotto il sindacato europeo dei giornalisti ha lanciare nei mesi scorsi, dopo una missione in Turchia insieme a Reporter sans Frontières  ed altre organizzazioni internazionali, una campagna di “adozione” di questi colleghi da parte dei diversi sindacati nazionali. Baha Okar, direttore ed editore del mensile “Bilim ve Gelecek” (“Scienza e futuro”), è uno dei due presi “in carico” dalla Fnsi (l’altro è Bedri Adanir, curdo, come più della metà dei giornalisti dietro le sbarre), e perciò il sindacato italiano ha presenziato alla sua udienza. Vaghe e fantasiose, come per tutti gli altri (giornalisti e no), le accuse che lo hanno portato in carcere.

Lo si accusa di far parte di un’organizzazione sovversiva, un fantomatico “Quartier generale rivoluzionario”. Su di lui pesa soprattutto la testimonianza di un uomo che afferma di averlo visto in un campo di addestramento al terrorismo in Iraq. Ma Okar ribatte fornendo le prove della sua permanenza in Turchia nel periodo “sospetto”, e il suo avvocato chiede inutilmente da mesi che il suo assistito venga messo a confronto con il teste dell’accusa.

La decisione del rilascio è arrivata senza motivazioni da parte dei magistrati; dunque è presto per capire se essa preluda a un esito positivo del processo. Ma non è presto per capire cosa tocchi fare a chi, in Europa, non voglia rassegnarsi a lasciare in galera decine di giornalisti colpevoli soltanto di fare il loro lavoro in una società dalle forti tendenze autoritarie. Quell’Europa che Baha Okar ha citato, durante il brevissimo intervento che ha potuto pronunciare in udienza: “Ciò che questa Corte sta facendo – ha detto – è contrario alla concezione europea dei diritti umani”. Ecco cos’è l’Europa, a guardarla da una terra in cui la libertà di espressione e di informazione viene calpestata: il luogo dei diritti umani rispettati. E non può dimenticarsene chi voglia credibilmente essere considerato europeista: il Presidente del Consiglio italiano, ad esempio, che dell’Europa si dice – ed è – convintissimo fautore.

Fra pochi giorni, l’8 maggio, Mario Monti riceverà il premier turco Erdogan in visita a Roma. Il sindacato dei giornalisti chiede al capo del governo italiano di tenere a mente quelle parole di Baha Okar, e di sollecitare il rilascio di tutti i giornalisti ingiustamente incarcerati. La partita dell’allargamento dell’Unione Europea alla Turchia è ancora aperta, e sarebbe una sconfitta grave dell’idea stessa di Europa un vertice che si limitasse ad affrontare i pur fondamentali temi finanziari e strategici accantonando il dossier sui diritti umani. Se Mario Monti tiene all’Europa, non può lasciare che siano solo i mercati a definire le regole della convivenza. Faccia vedere che anche altri valori, oltre quelli di Borsa, ci tengono insieme.


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