Quando gli uomini non sono angeli

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Veniamo a conoscenza, tramite organi di stampa e mass media, di eventi che si manifestano in realtà “border line” o di malessere sociale e culturale. L’immagine dell’immigrato, che stupra la giovane donna italiana, viene utilizzata come spot politico e, se quest’ultima muore, può garantire persino la vittoria elettorale.
Nello stesso tempo assistiamo a omicidi “passionali”. Ci viene spiegato che “l’uomo era stato abbandonato…” come se l’atto di violenza dell’uomo non fosse altro che una reazione di difesa personale. Si traduce l’atto di libera scelta della donna in mancanza di rispetto , “sgarro” estremo, nei confronti dell’ego e la virilità mascolina. Continuamente , fra le righe, si avverte una sorta di giustificazione, di comprensione verso il gesto di violenza dell’uomo “abbandonato”.

In realtà la violenza sulle donne, che spesso porta al “femminicidio”, è pratica molto comune, ed in aumento, nel nostro Paese. La barbarie vive nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nei centri d’aggregazione della vita di ogni giorno. La donna è vista, da noi uomini, come una proprietà personale, un “bottino di guerra” da mostrare alla propria cerchia di amici. Talvolta accade che la persona, che professiamo di amare, dal momento in cui la frequentiamo, la trasformiamo in un oggetto, condannandola ad un ergastolo di dolore e spesso sentenziandole una condanna a morte.
Sono uomo e devo ammettere che non è stato facile comprendere fino a che punto ci si può spingere con questi barbari comportamenti. Non è facile capire cosa prova una donna essendo nel corpo del carnefice. Ci vuole un lavoro continuo. Un lavoro giornaliero di feroce autocritica.

Tutti gli uomini devono , una volta per tutte, assumersi la responsabilità di indagare se stessi e soprattutto ammettere i propri errori.
La causa che scatena la violenza non è mai nei comportamenti della donna ma è insita in noi stessi. Dobbiamo operare in modo che si parta dal singolo uomo per giungere a creare una società che non basi le sue fondamenta in una cultura consumistico-maschilista e patriarcale. Bisogna “ribaltare” l’assunto per il quale la realtà è costruita per il divertimento, la soddisfazione e il potere macista.
La donna, collocata in questa cultura, non è altro che lo strumento di piacere che precede il meritato riposo del guerriero e che posticipa le fatiche di “una dura giornata di lavoro”. In pubblico, spesso, si “salva la faccia” condannando , a parole, atti di sopraffazione ma, nel privato, quando si entra nel territorio della “propria tribù”, si trasformano le libertà individuali, di una donna, in peccati mortali da punire severamente.

Una grande poetessa italiana, Alda Merini, in una sua opera diceva: “Qualche volta, amica mia, ti sembra quasi di volare ma gli uomini non sono angeli…”.
Non siamo affatto angeli, spesso siamo pericolosi. E come punto di partenza piacerebbe che tutti noi, uomini, cominciassimo a comprendere questa verità. Sarebbe un grosso passo avanti verso la libertà di ogni singola donna.


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