Antonio Di Pietro ha scritto a Bersani una lettera per chiedere un incontro con tutte quelle forze politiche e associative che vogliono porre fine ad ogni interferenza dei governi e dei partiti sulle Autorità e sulla Rai. Bersani ha replicato invitando tutti a non utilizzare la legge Gasparri e a porre fine alla lottizzazione. Bene, anzi benissimo. Se queste sono le premesse perché non promuovere finalmente una riunione aperta a quanti, e non solo a sinistra, hanno già dichiarato la loro condivisione?
In questi giorni attorno alla battaglia per imporre un metodo diverso per la scelta dei componenti delle autorità di garanzia, si sono ritrovati parlamentari del Pd, dell’Idv, di Futuro e Libertà, del gruppo misto, delle minoranze linguistiche, i Radicali, Sinistra e libertà, la Federazione delle Sinistre, alcuni deputati del centro destra, quasi tutte le associazioni che si occupano della libertà di informazione e della rete: da Articolo21 a Open Media Coalition, dalla Fnsi all’Usigrai, da Agorà digitale a tutte le sigle del cinema e dell’audiovisivo, dal MoveOn alla Cgil, per citarne solo alcune.
Perché non riunire tutti e non concordare posizione comune che preveda la trasparenza del metodo, il confronto tra i profili professionali, la scelta di donne e di uomini autorevoli e che abbiano già dimostrato di avere a cuore l’interesse generale e di non essere condizionata da interessi di parte, di azienda, di loggia?
Se davvero si vuole rompere con i metodi del passato,ora più che mai è necessaria una vasta alleanza politica, sociale, culturale, perché da queste nomine discenderanno conseguenze che condizioneranno, per anni, l’assetto dei media e quindi i medesimi assetti democratici.
Mercoledì prossimo le Camere saranno chiamate a votare l’Autorità di garanzia delle comunicazioni e l’Autorità per la privacy. Seguirà la Rai.
Allo stato attuale ciascun gruppo parlamentare voterà il suo rappresentante, senza un coordinamento, senza una discussione comune e preventiva, senza un confronto vero sulle loro biografie e sui loro eventuali conflitti di interesse.
Siamo ancora in tempo per provare a voltare pagina, per dare un segnale a chi ancora crede nella “Buona politica”.
Se, invece, dovessero prevalere vecchie logiche e vecchi metodi, sarebbe poi inutile inveire contro quella che viene chiamata “antipolitica”, che da questi atteggiamenti trae legittimi argomenti di critica e di sfiducia generalizzata.
Per quanto ci riguarda, come sempre, risponderemo sempre sì ad ogni appello, ad ogni iniziativa, ad ogni convocazione, da chiunque promossa, che si proponga di difendere e rafforzare i valori racchiusi nell’articolo21 della Costituzione.