Così facendo però si è passato da un rischio ad altri, che è quello che sta avvenendo in Europa ma non solo. Uno dei rischi è che la stabilizzazione dei prezzi possa essere funzionale più a interessi privati che collettivi, cioè dei detentori di enormi capitali, visto che per scongiurare il rischio dell’inflazione si sta deprimendo viepiù l’economia a vantaggio di pochissimi, mentre per le famiglie il potere d’acquisto si riduce inesorabilmente. Un altro è che, giacché il reddito da signoraggio (differenza tra valore nominale e intrinseco della moneta) viene ridistribuito alle Banche Centrali Nazionali in proporzione della rispettiva quota di partecipazione, che appartiene in gran parte ai privati, è pure legittimo sospettare un qualche conflitto d’interessi. Si può obiettare che il loro interesse semmai sarebbe di creare più denaro per incassare più signoraggio. Si può allora rispondere che a loro tanto può bastare, fino al limite oltre il quale si rischia l’inflazione e quindi la perdita di valore del denaro posseduto. La quota di partecipazione della Banca d’Italia per esempio è del 12,5 %, che a sua volta è costituita da un capitale partecipativo che per il 94,33 % appartiene a Banche e Assicurazioni Private italiane: Intesa San Paolo e Unicredit ne posseggono più del 50 %. Quando poi controllori e controllati coincidono, cioè quando i membri dei vari Enti di vigilanza sui meccanismi bancari e assicurativi possiedono svariate azioni o poco prima della nomina facevano parte dei consigli di amministrazione di Banche o Assicurazioni Private, il conflitto d’interesse è più che un sospetto. E comunque il mondo politico, economico e finanziario non si può reggere sul sospetto o sulla fiducia incondizionata che si agisca sempre in buona fede e nell’interessi di tutti; è pretendere troppo, visto che si tratta di esseri umani fallibili. Tutto invece si deve reggere sulla certezza che non ci sia nemmeno l’ombra del conflitto d’interessi, e ciò può avvenire introducendo regole certe, almeno fin quando l’essere umano non si eleverà a vette spirituali più consone, e non sbagli più non per l’effetto deterrente delle leggi ma per acquisita illuminazione.
Tutto quanto detto sopra possiamo dire che costituisce l’atto finale di una mutata strategia economico-finanziaria iniziata nella metà degli anni ’80, quando, dopo il boom economico degli ’60, ’70 e primi anni ’80, si giunge ancora una volta al livello di saturazione dei beni, di cui s’è già parlato a proposito delle precedenti due grandi crisi. La soluzione per fortuna non fu cercata in una Terza guerra mondiale (che se combattuta col nucleare, probabilmente non sarebbe rimasto nessuno per raccontarla), ma nello spostamento degli investimenti. Il capitale per sopravvivere ha bisogno del profitto che non poteva più provenire interamente dagli investimenti nell’economia reale, cioè nella produzione di beni, data l’ennesima saturazione. Diventa conveniente spostare gli investimenti nel campo finanziario, quindi in Borsa e nell’acquisto di Buoni del Tesoro, cioè i debiti pubblici degli Stati. Questa economia costituita non da beni ma da semplice, freddo e spesso virtuale denaro (ormai basta un click di mouse per crearne dal nulla) finalizzato principalmente alla propria infinita automoltiplicazione, vale 20 volte il Pil mondiale che è di 74 mila miliardi di dollari. Provate a moltiplicare questa cifra per 20: una normale calcolatrice non può contenerla. E poi, siamo sicuri che le varie criminalità organizzate del mondo non abbiano spostato buona parte delle loro attività nella più che redditizia speculazione finanziaria? Si sa che ora i figli dei boss sono laureati ed esperti di economia e finanza.
Oggi le Banche Commerciali praticamente non svolgono più il loro compito che è prestare denaro alle imprese che producono beni, né tantomeno alle famiglie per acquistare case o altri beni, dato l’alto rischio di generali insolvenze, ma da tempo si sono dedicate prevalentemente alla speculazione finanziaria priva di regole e/o controllo politico efficace in grado di scongiurare criminali speculazioni ai danni dei Debiti Pubblici degli Stati, ora davvero non più sovrani. E’ evidente che tutto ciò si sta perpetrando ai danni della popolazione che subisce le misure di sempre maggiore rigore dei governi, specie europei, senza che questi abbiano ancora attuato parallelamente reali e adeguate politiche di crescita. Austerità che i detentori di Debito Pubblico, per gran parte le Banche (in Italia è in loro mano per l’87 %, e per la metà sono straniere), pretendono con metodi ricattatori dai governi divenuti troppo consenzienti, specie se composti da tecnici, affinché lo stesso Stato non vada in default e quindi sia in grado di restituire capitale e interesse promesso. Il braccio armato di tale ricatto è divenuto lo spread (differenziale di riferimento più virtuoso tra i tassi dei debiti pubblici) che chi possiede ingente Debito Pubblico è in grado di fare alzare in maniera strumentale.
Nel prossimo luglio in Europa entrerà in vigore l’ESM (European Stability Mechanism), un fondo di salvataggio europeo che presterà denaro, con l’appoggio delle Banche Private, ai Paesi in difficoltà ma a condizione che attuino misure economiche molto severe, come l’FMI che ad esempio non dà prestiti ai Paesi che non privatizzano l’acqua. Ora, per fugare ogni sospetto di conflitto d’interessi, l’ESM e l’FMI dovrebbero lasciare liberi gli Stati di decidere le loro politiche economiche, e non obbligarli ad applicare sempre e comunque ricette iperliberiste, visti i disastri economici e sociali che hanno provocato, cominciando con discuterle piuttosto che assumere atteggiamenti negazionisti, adducendo fantasiose e fin troppo soggettive se non interessate altre motivazioni. I Paesi europei sembrano lanciati sull’orlo della bancarotta, per cui nell’interesse di tutti è necessaria un’inversione di rotta. Gli Stati, essendo composti da persone pensanti e non da freddi numeri, possono auto-salvarsi con ricette alternative, se gli si lascia la possibilità di esprimere i loro talenti, le loro capacità e creatività innovative in un mercato globale che muta costantemente e che non può essere gestito con rigide e discutibili soluzioni, specie se si rivelano fallimentari. Insistere è patologico. E’ essenziale che finalmente la politica si riappropri del proprio ruolo in una normale e reale dialettica democratica, e non permetta più che siano le cosiddette leggi naturali dell’economia e quindi il troppo libero mercato a decidere i destini degli uomini. Solo in fisica o in altre scienze le leggi sono naturali, immutabili e indiscutibili, ma in economia sono gli uomini a fare le leggi e a determinare i sistemi, rendendola quindi, se scienza si deve chiamarla, una scienza inesatta e dunque perfettibile, come tutti i fenomeni dove prevale il fattore umano. Cosicché, invece che produrre troppi “surgelatori”, si può sfruttare meglio l’intelligenza e la creatività umana per produrre nuovi beni e servizi, istruzione e cultura sempre più elevati, affinché facciano realmente progredire il genere umano, a cominciare dal suo lato spirituale che è la migliore ipoteca per prevenire qualsiasi abuso e prevaricazione, al di là di ogni legge umana.