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Difesa: Non è “spending review” ma “spendi di più”

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Finalmente si taglia. I cacciabombardieri F35 passano da 131 a 90. I
soldati passano da 190.000 a 150.000. Uno sente queste cose e pensa:
finalmente si tagliano le spese militari. E invece no. Quella del ministro
Di Paola è una “riforma” che comporterà l’aumento della spesa pubblica e
delle spese militari. Altro che scure sulla Difesa. Altro che “spending
review”! Questa è una “spendi di più”.

Sottoposto a una fortissima pressione morale ed economica, il ministro
della Difesa ha dovuto annunciare la revisione di tutti i programmi di
armamento delle forze armate e dell’intero apparato militare. Per
ottemperare a questo impegno il ministro ha depositato al Senato un
disegno di legge con il titolo “Delega al Governo per la revisione dello
strumento militare nazionale”.  Cosa dice il ministro? Non c’è alcun
bisogno di ridefinire il modello di difesa, perderemmo solo un sacco di
tempo. Il Parlamento deve solo delegarci e noi taglieremo dappertutto:
spese, personale, caserme, sprechi, armamenti. Alla fine avremo delle FFAA
più efficaci ed efficienti “senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica, neppure nella fase iniziale del processo”. Meglio di
così? Dov’è il problema?

Di problemi non ce n’è uno ma molti. Ecco un primo elenco.

1. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa
pubblica.  Il ministro vuole liberarsi di circa 33.000 militari scaricando
il loro costo sulle altre amministrazioni dello stato. Allo stesso tempo
pretende di mantenere inalterato il bilancio a sua disposizione. Ma se il
saldo della Difesa resta invariato vuol dire che aumenterà la spesa degli
altri ministeri.

2. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa
militare. Il principio-guida è: meno soldati più armi. Ci teniamo gli
stessi soldi, riduciamo il personale e investiamo i “risparmi” per
comprare nuove armi.

3. Anche la vendita delle infrastrutture militari da dismettere non
porterà alcun beneficio al bilancio dello stato o alle comunità locali ma
dovrà contribuire ad aumentare il bilancio della difesa.

4. Per incassare altri soldi il ministro pretende inoltre di essere
autorizzato a svendere direttamente ad altri paesi le armi di cui si vuole
sbarazzare, magari per poi dire che gliene servono di nuove. Di più. Molto
di più. Con la riforma il ministro della difesa potrà impegnarsi
personalmente nella vendita di armi italiane nel mondo cancellando d’un
botto tutte le ipocrisie che circondano l’intreccio tra i militari e
l’industria degli armamenti.

5. Il ministro ha le idee chiare anche in materia di protezione civile.
Non importa quale sia la minaccia da fronteggiare: ogni intervento di
protezione civile delle FFAA dovrà essere pagato (dai comuni?) a
piedilista direttamente al ministero della Difesa.

6. Un’altra pretesa del ministro Di Paola si chiama “flessibilità
gestionale di bilancio”. Come a dire: voi dateci i soldi, poi decidiamo
noi come spenderli. Visto le performance del passato c’è da giurare che
non si faranno mancare nulla. Ieri le maserati e domani?

7. Con la stessa spudoratezza il ministro pretende di gestire tutto il
delicatissimo capitolo della riduzione del personale militare e civile.
Per liberarsi di questo “peso” senza troppi problemi, il ministro pretende
che ai suoi uomini non venga applicata la riforma delle pensioni appena
approvata, che si adottino trattamenti di favore per il trasferimento dei
militari in altre amministrazioni pubbliche, negli enti locali e persino
nelle municipalizzate e si estendano alcuni privilegi oggi negati a tutti
gli altri.

8. Il piano presentato dal ministro è estremamente vago e difficilmente
realizzabile. Ci costringe a impegnare centinaia di miliardi di euro da
qui al 2024 senza alcuna garanzia di successo. Tant’è che tra le tante
pretese c’è anche quella di prorogare annualmente il termine entro cui
realizzare la riforma. Se non basteranno 10 anni, la faremo in 11, 12,
13,… Ma questa è la riforma della repubblica delle banane!

Di fatto il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola pretende una delega
in bianco che gli consentirà di continuare a comprare armi costosissime
utili solo a coinvolgere l’Italia in nuove guerre ad alta intensità, di
rafforzare l’oscuro mix di interessi che lega la Difesa all’industria
militare, di difendere i privilegi della casta militare e di tenere in
piedi un carrozzone anacronistico ma molto utile alla mala politica.
Impediamoglielo!

Ps. Come mai il disegno di legge delega è stato presentato solo dal
Ministro della Difesa? Perché non è stato concordato con gli altri
ministri? Perché non c’è la firma del Presidente del Consiglio dei
ministri?

Flavio Lotti, Coordinatore Nazionale della Tavola della pace


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