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Cesarini da Senigallia: l’uomo che ha messo in scena la televisione

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Secondo qualcuno il moderno varietà nel piccolo schermo è nato nella Canzonissima del 1959, quando i tre conduttori Paolo Panelli, Nino Manfredi e Delia Scala apparvero in video muovendosi in un vuoto scenografico così diverso dai barocchi fondali dei primi anni della televisione.

Due anni più tardi fu addirittura lo studio televisivo, con le sue attrezzature tecniche, a diventare scenografia della trasmissione non a caso intitolata studio uno. con una scelta influenzata anche dalle nuove correnti artistiche come l’arte povera e la Minimal Art.
Autore di questa piccola grande rivoluzione fu un marchigiano geniale e sorridente: Carlo Cesarini, meglio noto come Cesarini da Senigallia scomparso nel 1996.

A lui la sua città natale dedica una bella mostra ( Scene Cesarini da Senigallia- Rocca Roveresca di Senigallia fino al 23 settembre) curata da Gianni Di Giuseppe che ripercorre trent’anni di storia della televisione con immagini d’epoca provenienti dalle teche Rai e documenti e disegni inediti messi a disposizione dalla famiglia dell’artista.

Fu proprio Cesarini, con la regia di Antonello Falqui, a firmare con le sue scenografie alcuni storici varietà televisivi; da Canzonissima a Studio Uno, da Milleluci a Scala Reale.
“ Lui stesso si definiva un megalomane- racconta Antonio Lubrano che di Cesarini fu un grande amico- ed è a lui che si deve una straordinaria intuizione: non c’è bisogno di riempire lo spazio scenografico perché a quello pensa già il telespettatore proiettandovi le proprie fantasie e i propri sogni”.

Riusciva a trovare le soluzioni scenografiche anche di fronte alle richieste più ardite ed improbabili. Non diceva mai:” questo non si può fare”. Si limitava nei casi estremi al borbottio.
Una volta Antonello Falqui pensò di farlo capitolare chiedendogli di allestire una scena America anni .20 con quaranta ballerini che dovevano danzare in un’enorme vasca da bagno, mentre dal rubinetto scorreva champagne.
Speranza vana:pochi giorni dopo Falqui trovò negli studi l’enorme vasca già allestita da Cesarini e pronta ad ospitare il balletto.
Fu una vera e propria celebrità in quegli anni, un po’ come accade oggi per le archistar.
Firmava rubriche di successo nei settimanali e il suo nome, invece di essere confinato nei titoli di coda secondo il rigido protocollo Rai, veniva declamato dall’annunciatrice insieme a quello dei conduttori e del regista.

Collaborò con importanti aziende italiane come la Fiat e la Sip.
Ad un certo punto gli proposero di realizzare l’impianto luci delle enormi grotte sotterranee di Frasassi, vicino a Fabriano. Fu un lavoro imponente che lo costrinse a rimanere settimane sottoterra e per il quale scelse un’illuminazione semplice e potente il più vicina possibile alla luce naturale.
“ Se le cose non sono belle non mi diverto”- amava ripetere.
La sua fu una vita intensissima piena di curiosità ed interessi interrottasi troppo presto.
Perché, a pensarci bene, fu proprio la morte l’unica scena per la quale non gli riuscì di trovare una soluzione.


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