Le parole, a volte, possono ferire come pietre acuminate. Se poi sono parole scritte e dette da grandi letterati, per giunta premi Nobel, allora il loro effetto è ancor più dirompente, deflagrante. Ma queste stesse parole, libere, frutto dell’ingegno e della passione civile non possono ritorcersi come un boomerang contro chi con sofferenza e arte le rivolge all’umanità intera. Purtroppo, il mondo, si sa, è pieno di “moralisti a cachet”, specie tra coloro che si rintanano dietro comode scrivanie, pronti a giudicare tutti, purchè essi stessi siano esenti da critiche, in quanto “editorialisti”, politici o critici letterari.
Chiunque, a nostro avviso, va difeso nel diritto di esprimere le proprie opinioni. L’Articolo 21 della nostra Costituzione, che abbiamo preso a faro per illuminare la battaglia democratica in difesa della libertà di informare e di essere informati, è il più alto strumento contro la censura e qualsiasi tipo di costrizione, sempre che le espressioni divulgate non siano ingiuriose, calunniose o dichiaratamente inneggianti ad atti criminali. E tra questi ultimi annoveriamo anche il “Negazionismo” della Shoah e l’apologia del Nazifascismo.
Gunter Grass, 84 anni, premio Nobel per la letteratura nel 1999, pochi giorni fa ha pubblicato su alcuni importanti giornali europei (in Italia su “Repubblica”) una poesia “civica” alla Brecht, dal titolo “Quello che va detto” ( in fondo il testo, ndr) contro la consegna di un sesto sommergibile tedesco ad Israele, in grado di poter lanciare missili con testata nucleare e, quindi, innescare una guerra atomica con l’Iran. Per alcuni “commentatori” e per il governo di Israele questa poesia è “antisionista”, lesiva della libertà di esistere, di difendersi dello stato di Israele, messo sotto pressione dalla propaganda negazionista e belligerante del governo fondamentalista islamico di Teheran.
Israele è per noi l’ultimo baluardo europeo della democrazia e della libertà in Medio Oriente. Il suo futuro di pace può essere assicurato solo da una coesistenza civile e collaborativa con il popolo palestinese, a sua volta riconosciuto in uno stato autonomo. Israele e tutti gli ebrei della Diaspora non possono essere perseguitati per via del loro credo religioso, della loro cultura e delle loro idee. Il secolo passato si è macchiato di un crimine orrendo che peserà per sempre sull’umanità intera. E molti settori della comunità occidentale devono ancora fare i conti con la storia e la loro coscienza. Va ricordato il grande gesto di riconciliazione e di autocritica che il Papa polacco, Giovanni Paolo II° fece andando a visitarela Sinagogadi Roma, abbracciando “i fratelli maggiori ebrei” e, poi, pregando al Muro del Pianto di Gerusalemme, dove lasciò, come vuole la tradizione giudaica, un bigliettino tra le fessure.
Molti intellettuali “pruriginosi” e parte dell’establishment europeo e israeliano, però, non sopportano che si possa criticare la politica spesso aggressiva ed espansionistica di Israele, tacciando qualsiasi voce dissonante di “antisionista” o di “negazionista”. Certo Gunter Grass ha nella sua lunga vita di tedesco un “neo indelebile”, una “macchia incancellabile”, come lui stesso la definisce nella poesia al centro delle critiche: a 15 anni, alla fine del 1942, si arruolò volontariamente e poco dopo fu inserito in un reparto delle famigerate “SS”. Ferito nel 1945, fu catturato dagli statunitensi e finì in un campo di prigionia in Baviera insieme ad altri soldati tedeschi. “Il motivo di arruolarmi”, raccontò più tardi, “ fu comune per quelli della mia generazione, un modo per girare l’angolo e voltare le spalle ai genitori”. Per decenni, fu impegnato politicamente e artisticamente a fianco della SPD, grande sostenitore del cancelliere Willy Brandt. Ma è stato sempre un intellettuale atipico, pieno di contraddizioni come quando, in occasione della caduta del muro di Berlino, dichiarò che era meglio tenere separate le due Germanie, perché una nazione unita avrebbe ripreso inevitabilmente il suo ruolo belligerante.
Ora, le sue parole aguzze e penetranti arrivano a scalfire l’omogeneità belligerante del governo conservatore, guidato dal “falco” Netanyahu, negli ultimi tempi contestato anche dalla stragrande maggioranza degli stati dell’ONU. Ma Grass, evidentemente fa più clamore delle pressioni politiche delle Nazioni Unite e del cosiddetto “Quartetto” (Stati Uniti, Russia, Unione Europea e ONU), che rimproverano al governo di Tel Aviv una propaganda ossessiva contro l’eventuale arsenale atomico iraniano e i continui raid contro i palestinesi, in seguito agli atti terroristici dei gruppi oltranzisti di Hamas.
Non è facile districarsi nell’inferno di sabbia, dolore e sangue della terra di Gesù!
Il rischio è sempre di mettere un piede su qualche mina disseminata tra le opposte fazioni, di essere di volta in volta arruolato tra gli antisionisti o gli antipalestinesi. Certo, Grass non ha fatto una disamina “geostrategica” del conflitto arabo-israeliano, ha solo accennato alle incongruenze politiche di Tele Aviv e di Teheran e alle minacce per la pace mondiale.
Ma Israele non è l’Iran!
Israele è la patria dei nostri “fratelli maggiori”, che abitavano in quel luogo, ben prima della predicazione di Maometto. E nessun popolo al mondo ha mai subito persecuzioni e stermini al pari loro.
Grass è uno scrittore, un poeta, un letterato spesso provocatorio, e il mondo della politica e dei commentatori mediatici dovrebbe saper discernere le differenze di stile. Per queste ragioni non comprendiamo l’assurdo “ukaze” emesso dal governo israeliano che vieta l’ingresso nel paese a Grass, perché ritenuto antisionista e nemico di Israele.
Il ministro dell’Interno, Eli Yishai, ha dichiarato lo scrittore tedesco “persona non gradita” e il ministro degli Esteri, il leader della destra oltranzista Avigdor Lieberman, ha pesantemente criticato la poesia, definendola un’espressione “dell’egoismo dei cosiddetti intellettuali occidentali, che sono pronti a sacrificare il popolo ebraico sull’altare di un folle antisemitismo per la seconda volta, solo per vendere qualche libro in più e guadagnarsi un riconoscimento”. Lieberman ha quindi aggiunto che la leadership europea dovrebbe condannare dichiarazioni che possono aizzare sentimenti anti-semiti nell’opinione pubblica: “Abbiamo visto nel passato come piccoli semi di antisemitismo possano trasformarsi in un enorme falò che ferisce tutta l’umanità”. E il ministro dell’interno Yishai ha rincarato la dose: “Le poesie di Grass sono un tentativo di guidare il fuoco dell’odio contro Israele e il popolo israeliano e di promuovere le idee di cui era esponente quando indossava la divisa delle SS. Se Gunter vuole continuare a pubblicizzare le sue idee distorte e false, gli suggerisco di farlo in Iran, dove troverà un pubblico disponibile”.
Ecco perché, invece, riteniamo che Grass vada difeso nella sua libertà di espressione, che l’Unione Europea e il Parlamento di Bruxelles prendano posizione contro l’ukaze di Tel Aviv, che comunque si difenda il diritto di Israele a vivere in pace e che Teheran fermi l’escalation nucleare e i suoi programmi guerrafondai contro il popolo ebraico.
Quello che va detto.
“Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt´al più le note a margine.
E´ l´affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un´atomica.
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l´altro paese,
in cui da anni – anche se coperto da segreto –
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d´uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l´esistenza di un´unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d´Israele
al quale sono e voglio restare legato
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi – come tedeschi con sufficienti colpe a carico –
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
E lo ammetto: non taccio più
perché dell´ipocrisia dell´Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un´istanza internazionale.
Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarà una via d´uscita,
e in fin dei conti anche per noi.”
Gunter Grass