Finalmente una bella notizia per i precari Rai giunge dalla Cassazione. La combattiva e brava giornalista Tiziana Boari, precaria Rai ed ex consigliere nazionale della Fnsi, ha ottenuto Giustizia con la G maiuscola. La sezione lavoro della Suprema Corte, nonostante il contrario parere della Procura Generale, ha accolto il suo ricorso contro l’azienda radiotelevisiva di Stato annullando così di fatto il suo licenziamento avvenuto 5 anni fa.
La causa Boari veniva considerata dalla Rai la “vertenza pilota” per stroncare definitivamente il fenomeno dei ricorsi alla magistratura contro quelle che erano ritenute le mancate – anche se ormai dovute – assunzioni di giornalisti precari dopo almeno un determinato numero di contratti giornalistici a termine. Ma si è, invece, tradotta in una vera e propria Waterloo, avendo la Cassazione dato ora torto alla Rai su tutta la linea.
Nel 2007 sembrò quasi (tesi mai smentita ufficialmente) che la Rai avesse voluto fare di quella con la Boari (consigliere nazionale della Fnsi dal 2001 al 2004 e quindi sindacalista) una sorta di “vertenza pilota” non solo per punire la collega perché aveva osato rivolgersi ai giudici per ottenere l’assunzione, cioé il riconoscimento del suo diritto ad un posto di lavoro fisso e a stipendio pieno, ma per colpire contemporaneamente tutti gli altri precari che l’avevano seguita in analoghi giudizi paralleli senza accettare transazioni stragiudiziali con i cosiddetti contratti “depotenziati”. Una teoria, se vera, quella della Rai alquanto bizzarra e peregrina perché in uno Stato democratico e nella patria del diritto la magistratura fa pienamente parte del sistema e della Costituzione repubblicana. Di conseguenza non si può, né si poteva assolutamente ritenere quasi un “nemico” chi si rivolge o si fosse rivolto ai giudici per far valere le proprie ragioni.
Per la Boari si avvicina ora la concreta possibilità dell’assunzione a tempo indeterminato. Ci si augura quindi che, senza attendere inutilmente altri anni per la nuova sentenza di appello dall’esito ormai praticamente scontato, si giunga presto tra le parti ad un reciproco accordo in tal senso anche con l’intervento dell’Associazione Stampa Romana, della Fnsi e dell’Usigrai al fine di riconoscere alla collega quanto le è anche dovuto per gli anni passati in cui si è vista costretta a restare fuori dalla sede di lavoro di Saxa Rubra con conseguenti pesanti riflessi economici ed esistenziali.
Vediamo ora più in dettaglio la sentenza della Cassazione n. 5469 del 10 gennaio-5 aprile 2012 (presidente Federico Roselli, relatore Pietro Curzio), che si acclude integralmente in copia.
La Suprema Corte, accogliendo le tesi dell’avvocato Bruno Del Vecchio di Roma, legale della Boari, ha demolito la sentenza di appello che aveva inopinatamente annullato la precedente decisione del tribunale di Roma del giugno 2005, favorevole alla Boari, che aveva dichiarato la nullità delle clausole di apposizione del termine ai 4 contratti a tempo determinato di lavoro giornalistico da lei stipulati con la Rai a partire dal 1999.
Secondo la Suprema Corte i giudici romani di appello hanno letteralmente preso una cantonata. A pagina 4 della motivazione si legge infatti che la Corte d’appello di Roma ha commesso “un errore che integra una violazione di norma di diritto”, errore che “non concerne un fatto”. E si spiega che: “la sentenza ha violato la normativa, legale e contrattuale collettiva che regola la materia, nel momento in cui ha basato la decisione su di un contratto collettivo che non concerne il lavoro giornalistico e non è richiamato nelle lettere di assunzione della ricorrente (cioè della Boari, n.d.r.). In conclusione la Corte d’appello ha basato la sua decisione su di un contratto collettivo non applicabile al rapporto di lavoro tra la RAI e la ricorrente (cioè la Boari, n.d.r.)”.
Parole durissime, pesanti come macigni, dei supremi giudici nei confronti dei magistrati di appello di Roma ai quali viene di fatto contestato un errore madornale, cioé quello di aver assurdamente applicato norme di un contratto di lavoro non giornalistico, mentre tutti i vari contratti a termine intercorsi tra la Boari e la Rai erano di natura prettamente giornalistica.
Non si può quindi escludere un intervento da parte del Consiglio Superiore della Magistratura per valutare la correttezza o meno dell’operato dei magistrati di appello, i quali hanno per di più impiegato quasi un anno e mezzo (record negativo di lentezza) prima di depositare in cancelleria il 5 settembre 2008 le motivazioni di un simile capolavoro di sentenza!!
E pensare che già nell’aprile 2007 subito dopo il dispositivo (che per legge è esecutivo) la Rai dopo aver incassato la sua prima vittoria in appello e, prima ancora della pubblicazione delle motivazioni, aveva licenziato Tiziana Boari, mettendola alla porta dopo averla tenuta in servizio fino al giorno stesso nel turno notturno di Rainews24. E subito dopo le aveva richiesto la restituzione delle somme che le erano state versate dopo il verdetto di 1° grado. Era la prima volta che la Rai adottava una simile procedura.
Per la Boari la Rai utilizzò con una solerzia senza precedenti pesi e misure diverse rispetto ad altri casi simili! Erano infatti apparse incomprensibili le ragioni per le quali la Rai aveva ritenuto di non applicare le sentenze dei tribunali quando erano state favorevoli, ad esempio, a Daniele Luttazzi, a Sabrina Guzzanti, a Oliviero Beha, a Stefano Gigotti e a tanti altri colleghi ed aveva, invece, proceduto all´immediata applicazione della sentenza quando si era trattato di licenziare in tronco una giornalista professionista come la Boari, seria, preparata, altamente qualificata (parla 4 lingue e gode di ampia stima professionale e personale in vari ambiti; é un’esperta riconosciuta sui Balcani ben oltre i confini nazionali) e con un curriculum al di sopra della media (ha anche servito il Paese in missioni internazionali), già collaboratrice di Limes e del Manifesto ed ex addetto stampa per Onu e Osce, approdata a Saxa Rubra nel 1999 con contratti a tempo determinato. Ma per la Rai Tiziana Boari era “colpevole” di aver vinto la causa in primo grado, di aver “sgobbato” come precaria per anni e anni e di essere una sindacalista (era stata consigliere nazionale della FNSI dal 2001 al 2004).
A nulla erano valsi gli interventi dell’onorevole Beppe Giulietti, che a nome dell’Associazione Articolo 21, aveva sollevato il caso nella Commissione parlamentare di vigilanza augurandosi che la Rai provasse un moto di vergogna per questa doppiezza che si stava trasformando in un atto di prepotenza ingiustificabile. A nulla erano, purtroppo, serviti gli appelli lanciati da decine e decine di autorevoli giornalisti – primo firmatario il leader della corrente sindacale di “Senza Bavaglio” Massimo Alberizzi – all’allora Direttore Generale della Rai Giorgio Cappon. Non aveva avuto seguito neppure la richiesta del Direttore di Rainews24 Corradino Mineo e del suo CdR che avevano espresso una profonda e convinta solidarietà alla Boari pregando il Direttore del personale Maurizio Braccialarghe di tenerla ugualmente nel suo organico, vista la drammatica carenza di personale della testata. Ed era infine andato a vuoto anche un estremo tentativo dell’Usigrai di riaprire un minimo di trattativa, che era però subito fallita, sull’inaccettabilità dei termini proposti dalla Rai. Insomma, non ci fu verso e la Boari fu licenziata.
Ora la verità é venuta alla luce e si è appreso dalla Cassazione che i giudici di appello, sbagliando in modo addirittura clamoroso, avevano “semplicemente” applicato un contratto di lavoro non giornalistico! In pratica, una sentenza di appello che grida vendetta e che ha comportato non solo un licenziamento illegittimo, ma anche pesanti conseguenze sulla collega Boari che per 5 lunghi anni le ha drammaticamente vissute sulla sua pelle in attesa della Giustizia con la G maiuscola in cui credeva fermamente e che é finalmente arrivata.
Pierluigi Franz, Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati