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Pio La Torre. “Difficile ammazzarlo due volte”

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“Hai saputo? Hanno ucciso La Torre!”. Era il 30 aprile dell’82. Franco, a quel tempo faceva il giornalista. Seppe così che avevano ucciso il padre. L’interlocutore non sapeva chi avesse risposto al telefono, né perché avesse riposto la cornetta. Franco, andò via. Tornò a casa per elaborare il dolore privato per quel pubblico orrore che stava devastando la Sicilia colpendo senza pietà. . “Tutti coloro si rendevano protagonisti del risveglio della Sicilia. Mio padre non fu il primo né l’ultimo. C’era una vecchia classe dirigente, politico-mafiosa, intimorita da questi nuovi movimenti politici. Timorosa di dover passare la mano”.

Il kalashnikov, la pistola semiautomatica, i sicari mafiosi, insomma, come proseguimento della politica con altri mezzi.

I proiettili tuonanti per mettere a tacere la memoria e la speranza. Per cancellare il sogno che giustizia e libertà potessero soppiantare favoritismi e corruzione.

Pio La Torre era un riformista. Credeva che i braccianti avrebbero guadagnato dignità con le riforme non con la rivolta. Tornando a lavorare la “loro” terra non quella dei latifondisti e dei loro gabelloti mafiosi. Era un uomo dedito alla legalità e alla pace. Fu cancellato per fare un favore a molti. La storia giudiziaria dell’agguato nel quale fu ucciso anche il suo autista, imbocca diverse piste, anche istituzionali. Ma come al solito si ferma ai soliti mandanti della cupola militare di Cosa Nostra.

Poi, un giorno, in quella Comiso che aveva visto il dirigente comunista lottare contro il dispiegamento dei missili nucleari di teatro Cruise, viene eletto un sindaco – del quale non farò mai il nome in quest’articolo, è una dignità che non merita – espressione di An che decide di cancellare il nome di Pio La Torre dal frontespizio del costituendo aeroporto civile nato sulle ceneri della dimessa base missilistica statunitense. Quel primo cittadino preferisce tornare al vecchio nome dell’aeroporto, Magliocco, che aveva finito per indicare il territorio attorno al sedime aeroportuale, assolutamente dimentico del fatto che appartenesse ad un generale dell’aeronautica morto in Africa nel 1936.

Un tentativo di cancellare la memoria? Un patto da rispettare con la borghesia benpensante che gli aveva fatto vincere le elezioni? Un patto indicibile con i poteri forti e surrettizi che attraversano la storia della nostra sventurata Repubblica? Fatto è che l’indignazione monta subito. A destra e sinistra. Pio La Torre è un eroe siciliano, indiscutibile. I quotidiani nazionali dedicano ampio spazio all’indignazione unanime che monta.

“E’ una cosa straordinaria – commenta Franco La Torre – è difficile ammazzare due volte Pio La Torre”.

Cosa c’è dietro l’atto del sindaco di Comiso? “Prima di tutto l’ansia di conquistarsi il suo quarto d’ora di notorietà profittando del mese di agosto. Ma, soprattutto ha voluto lanciare un segnale al territorio. Lui c’è e lancia un segnale di disponibilità. D’altra parte l’aveva promesso durante le elelezioni. Doveva mantenere l’impegno. Doveva fare qualcosa di chiaro per quella fascia di potere che altrimenti, quasi, quasi, si dispiaceva”.

La solita borghesia mafiosa?
“Non necessariamente. Non vedo tutto in bianco e nero. C’è anche una borghesia non mafiosa che comunque non vuol sentir parlare di mafia. Persone che credono di poter risolvere tutto nel loro ambito. Nelle loro nicchie di sopravvivenza. Coi soldi che hanno messo da parte. Con la solidarietà all’interno di una famiglia solida per risorse. Una nicchia dove credono di poter vivere senza fare né chiedere favori. Non si tratta necessariamente di persone colpevoli o conniventi. Sono gli indifferenti. In questo la Sicilia non è differente dal resto del mondo”.

E’ uno spaccato della società estremamente attuale.
“D’altra parte abbiamo un presidente del consiglio che si rivolge soprattutto a questo tipo di persone. Non è che cerchi il consenso dei cattivi, si rivolge soprattutto a quelli che senza fare nulla di male amano una vita che consenta loro di sfuggire alle responsabilità. Anche chi avrebbe dovuto contrastarne l’avanzata in Sicilia ha dimostrato quanto meno una gran confusione nelle scelte importanti. Anche in certe alleanze del centrosinistra con l’Mpa. Vedo una gran confusione sotto il cielo di Sicilia”.

Cosa ti aspetti?
“Vorrei un partito che scrive al prefetto chiedendogli di cancellare la decisione del sindaco. Vorrei vederlo firmato da Moravia e Pasolini. Che firmavano tutto. Che talvolta firmavano senza sapere… ma gli intellettuali c’erano sempre per una giusta causa”.

Tra i tanti poteri ai quali il sindaco ha voluto dare il segnale, non potrebbe esserci anche chi non tollerò l’impegno di tuo padre contro i missili cruise schierati proprio a Comiso?
“La pista mafiosa non è mai l’unica. Dagli atti giudiziari, questa è una pista che resta aperta. Quel suo impegno contro i Cruise aveva rinnovato l’interesse dei servizi segreti sulla sua attività. Pio La Torre veniva visto come un attivista che rispondeva al partito comunista non italiano ma sovietico. Poi, quindici giorni prima che lo uccidessero i servizi smettono di controllarlo”.

A Palermo, capitale del non detto, il segnale è chiaro. Pio La Torre è solo. La sua proposta di legge contro i patrimoni mafiosi riposa negli scaffali polverosi del Parlamento e nessuno ha voglia di tirarla fuori. Nel partito c’è chi l’accusa di essere di destra. Di preferire le riforme alla rivolta della classe operaia. E c’è chi teme, nel partito e fuori dal partito, che il bisbiglio di Pio La Torre possa correre al di sopra degli eserciti di Cosa Nostra e della Borghesa Mafiosa dalla quale promanano le falangi armate delle mafie. Che le parole decise del vecchio agitatore di braccianti senza terra diventino la voce di un popolo oppresso da un sistema di potere politico mafioso nel quale è la politica a corrompere Cosa Nostra. Nel quale gli appalti e le speculazioni sui terreni attorno alle basi Nato di Comiso e Sigonella ma anche della mai realizzata Crotone suscitano guerre intestine e morti a decine. Nell’indifferenza della grande platea degli indifferenti.

Pio La Torre è solo con il suo autista, Rosario Di Salvo, quando li uccidono. Il 30 aprile del 1982. Non sarà sempre così. Qualche giorno fa un politico senza nome tenta di farsi un nome cancellandone la memoria dalle insegne di quell’aeroporto per il quale Pio La Torre si era battuto sino all’ultimo fiato, sino all’ultimo bisbiglio di una verità che ora corre più veloce dei missili cruise, più potente delle loro inutili testate nucleari. Sfreccia sulle teste degli indifferenti e accende la speranza in chi non ha mai smesso di porre passione in politica.

Perché, come dice Franco: “E’ difficile ammazzare due volte Pio La Torre”.

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