Le frequenze tv infatti andranno all’asta e saranno vendute a pacchetto, ha annunciato oggi a Repubblica il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Abbiamo chiesto un parere a Nicola D’Angelo, consigliere Agcom.
Consigliere D’Angelo, quello che hanno capito i cittadini – oltre che i tecnici addentro la materia – à che il regalo impacchettato dal governo precedente è stato “scartato” prima ancora di essere comprato, e che gli ultimi orientamenti di Passera vanno verso uno spacchettamento di questa risorsa pubblica che è l’etere. Si privilegerà quindi non tanto il vecchio ed oramai maturo servizio televisivo, ma piuttosto le nuove tecnologie , e soprattutto il web. Il tutto puntando, inoltre, a portare soldi nelle casse pubbliche. È così?
“Sì, è così. Per la verità, io non credo che ci fosse bisogno del governo dei tecnici per capire che il beauty contest non andava. Già più di tre anni fa, quando si è cominciata a ventilare la possibilità di regalare le frequenze, ci opponemmo in molti ed in modo molto netto; come si usa dire, il tempo è galantuomo. Le ragioni di quella scelta, per la verità, non erano soltanto di natura economica. Eravamo contrari al fatto che chi rivestiva già posizioni dominanti nel sistema radio televisivo vedesse gratuitamente accrescere il proprio monopolio; una transizione al digitale fatta in questo modo non avrebbe che riproposto le stesse condizioni della televisione analogica, o forse le avrebbe addirittura peggiorate”.
Consigliere, è possibile prevedere un avanzamento, certo non immediato, ma col passare degli anni, del comparto connessioni internet, che in Italia è comunque ancora arretrato?
“Sì. Questa è appunto una delle ragioni per cui, all’epoca, ci furono diverse polemiche ed alcuni si schierarono contro una transizione al digitale fatta in quel modo; l’operazione non prevedeva solo il beauty contest ma, tra l’altro, che tutte le frequenze televisive fossero appunto riservate alla televisione. In tutti gli altri paesi con il passaggio dall’analogico al digitale e la conseguente moltiplicazione dei canali, parte delle risorse sono state recuperate ed assegnate alle telecomunicazioni o alle connessioni internet. Questo noi, pur potendolo all’epoca fare, non lo abbiamo fatto, e solo ora lo stiamo recuperando. All’epoca si scelse di favorire solo la televisione. Oggi è giusto invece fare così. Vedremo come si svolgerà questa vicenda nel concreto, perché – lo ricordo – ci vuole una legge per cambiare la formula del “beauty contest”. Il “beauty contest” attuale è regolato da una norma del 2009, e questa norma deve essere cambiata con una nuova norma di legge. Vedremo anche con quale strumento si sceglierà di intervenire: se con un decreto legge o un disegno di legge; vedremo quali saranno i tempi e le priorità che verranno scelti. Un altro profilo che poi emerge – almeno secondo indiscrezione – è che parte di queste risorse dovrebbe andare al settore delle telecomunicazioni. Ciò non può che essere un fatto positivo. C’è grande necessità di frequenze. Tutti noi abbiamo a che fare con la connettività internet attraverso i nostri I-phone piuttosto che i nostri tablet, e ci rendiamo conto di come il livello di copertura del segnale sia insufficiente. Le frequenze servono come il pane per sviluppare le connessioni a banda larga in mobilità. Detto questo, c’è anche da chiarire quali saranno le condizioni di quest’asta, ed in che misura si recupererranno soldi. È mia personale opinione che sullo sfondo resta però una condizione di cui poco si discute, ed è la seguente: l’Unione Europea ha imposto all’Italia che alcune frequenze del digitale vadano a nuovi operatori, ritenendo che la legge Gasparri sia una legge che chiude il mercato della comunicazione e che, con il concentramento delle risorse, certifichi ed assicuri il duopolio televisivo. Oggi rompere questo sistema non significa solo superare il beauty contesta o assicurare il dividendo di frequenze da assegnare alle telecomunicazioni: bisogna cercare di favorire la nascita di un’alternativa editoriale seria in questo Paese. Spero che il governo preveda una misura che molti di noi si augurano, e cioè che una di queste frequenze vada a forme di televisione nazionale costituite mediante la sottoscrizione o l’azionariato pubblico. Questi mesi hanno visto iniziative in tal senso, come ad esempio quella di Santoro. Vediamo se le regole di queste assegnazioni consentiranno di poter realizzare simili iniziative. Questa sarebbe davvero una svolta: l’introduzione nel sistema di nuovi soggetti editoriali”.
(Intervista a cura di Alberto Baldazzi)