Ma quale speranza possono avere gli italiani di veder sconfitti mafiosi e corrotti se anche gli ex ministri dell’Interno, come Roberto Maroni, scoprono malversazioni e pubbliche ruberie in casa propria dalla lettura dei giornali? Bobo il segugio…cacciatore indomito e senza paura di feroci latitanti mafiosi, come tanti: non sentiva, non vedeva e quindi non parlava. Anche per lui tutto avveniva a sua insaputa.
Dalla stanza dei bottoni del Viminale, con a disposizione il capo della polizia, prefetti, arma benemerita, guardia di finanza e servizi più o meno segreti, ignorava tutto. Solo alcuni mesi fa polemizzando con Roberto Saviano e con un bel pezzo di stampa italiana, l’ex titolare del Viminale dichiarava ad una tv del suo socio politico di maggioranza Silvio Berlusconi: «la Lega è il partito degli onesti. Non sopporto la generalizzazione di chi butta fango su di me e sul mio partito senza avere la possibilità di dimostrare che quello che dice è vero».
Bobo Maroni era ministro dell’Interno e non si accorgeva di nulla. Non sapeva che il tesoriere della Lega Belsito avrebbe frequentato ‘ndranghetisti del clan De Stefano. Non si avvedeva del fatto che costui fosse ritenuto intermediario tra leghisti e ‘ndranghetisti. Ignorava che strani personaggi, con pericolose frequentazioni, fungevano da consulenti del Consiglio dei Ministri ai tempi non lontani in cui il “cassiere” Belsito era sottosegretario del ministero della semplificazione normativa . Erano gli stessi tempi in cui un “suo” dipendente poliziotto, otteneva l’aspettativa, per essere, a dire di molti big nel suo partito, l’amante ed il guardaspalle della sua collega parlamentare “padana” Rosi Mauro, vice presidente del Senato.
Bobo, il ministro cacciatore di latitanti “terroni”, non sapeva che il suo ex agente di scorta, detto “Elvis”, studiava con i soldi della sua Lega, dati da inconsapevoli signori Pantalone. Non sapeva nulla del pittoresco Calderoli, tant’è che con quest’ultimo ingenuo condottiero delle truppe padane, guida la riscossa contro Roma ladrona. Bobo Maroni promette di fare pulizia senza guardare in faccia a nessuno ad eccezione del capo dei capi Umberto Bossi. Anche questo mitologico condottiero del nord, non sapeva e non vedeva quello che avveniva tra le sue mura domestiche.
Maroni non si accorge di nulla, non ha mai saputo di governare questo Paese con chi è ritenuto dai corpi di Polizia, di cui ha avuto la responsabilità politica ed amministrativa, referente politico dei mafiosi. L’onorevole Maroni è stato il ministro che si piegò al volere del Governo che non sciolse il comune di Fondi, capitale della quinta mafia, infettato dai clan e dai loro sodali politici. Bobo Maroni non sapeva e non sa che quella vicenda ha avuto ed ha conseguenze disastrose a Roma, nel Lazio e nel Paese. Ma l’ex ministro Maroni è in buona compagnia con un pezzo di classe politica, troppo distratta e inconsapevole del fatto che la corruzione in questo Paese fattura 60 miliardi di euro. Seconda azienda dello stivale, Padania compresa, subito dopo mafia “spa”.
Una classe dirigente, non minoritaria, che non si accorge delle troppe persone che faticano a vivere. Più interessata a posti nei consigli di amministrazione di banche o enti che ai giovani precari o ai cittadini che perdendo il lavoro e quindi un pezzo di dignità e che in alcuni casi decidono di farla finita. Troppi politici sono più interessati alle sorti dei loro rampolli, dei loro”clan” o “cerchi magici” che al bene comune. E su questa realtà da basso impero, che mafiosi e corrotti si radicano e prolificano.
C’è bisogno di leggi “vere” contro la corruzione e azioni concrete contro le mafie. C’è bisogno di togliere privilegi e dare più opportunità alle persone, in particolare ai giovani. C’è bisogno di investire nel sociale dando opportunità a chi vive ai margini del fortino dei “garantiti”. Le responsabilità penali le accerterà come sempre la magistratura, quelle politiche sono già evidenti anche per chi non sentiva, non vedeva e non parlava e non basteranno prescrizioni o mancate autorizzazioni a procedere ad assolvere la”casta”.
Bisogna invitare il probabile nuovo capo del carrocio padano a fare quello che va fatto in ogni partito o gruppo politico. Citando Oliver Cromwell invitarlo a dire a chi abusa del potere politico per i propri interessi: ”In nome di Dio, andatevene!” mettere fine alla vostra permanenza in questo posto, che voi avete disonorato disprezzandone tutte le virtù e profanato con la pratica di ogni vizio; siete un gruppo fazioso, nemici del buon governo, banda di miserabili mercenari, scambiereste il vostro Paese con Esaù per un piatto di lenticchie…
E’ quindi tempo di una politica che recuperi il senso del bene comune e che si faccia carico delle proprie responsabilità. Il tempo delle furbizie e del non sapevo è scaduto. Per tutti.