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Marcello Dell’Utri “mediatore” fra Berlusconi e Cosa nostra

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di Norma Ferrara
Il senatore Marcello Dell’Utri è stato il «mediatore» dell’accordo protettivo per il quale Berlusconi pagò alla mafia «cospicue somme» per la sua sicurezza e quella dei suoi familiari. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate della sentenza che ha annullato con rinvio la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa per il senatore Marcello Dell’Utri. Nella sentenza 15727 di 146 pagine i giudici della Cassazione scrivono che i colleghi della Corte d’Appello di Palermo hanno valutato in maniera «corretta» le «convergenti dichiarazioni» di più collaboratori sul tema «dell’assunzione, per il tramite di Dell’Utri, di Mangano ad Arcore, come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa Nostra».

Soldi e garanzie. All’interno della sentenza si legge che è provata anche la «non gratuità dell’accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore della
mafia». I giudici precisano che «indipendentemente dalle ricostruzioni dei cosiddetti pentiti, è stato congruamente delineato dai giudici di merito come indicativo, senza possibilità di valide alternative,
di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell’Utri che, di quella assunzione, è stato l’artefice grazie anche all’impegno specifico profuso da Cinà». Tutto questo però non è bastato per confermare la sentenza di secondo grado e mettere il sigillo della Cassazione sulla condanna a sette anni per associazione mafiosa che pendeva a carico del senatore.  Si tratta, ricordiamolo, dei fatti per cui Dell’Utri è stato imputato per concorso esterno in associazione mafiosa ma sino al 1992. Dalla sentenza della Corte d’Appello, infatti, si evince che dopo questi scambi reciproci e  contatti fra il braccio destro di Berlusconi  e alcuni esponenti fra i più importanti di Cosa nostra i rapporti sarebbero cessati.  All’improvviso.

Perché i giudici rinviano a processo. È «probatoriamente dimostrato»  – scrivono i giudici di Piazza Cavour – che Marcello Dell’Utri «ha tenuto un comportamento di rafforzamento dell’associazione mafiosa fino ad una certa data» tuttavia va dimostrata l’accusa di concorso esterno per il periodo in cui il senatore di Forza Italia lasciò Fininvest per andare a lavorare per Filippo Rapisarda». Il giudice del rinvio dovrà nuovamente esaminare e motivare se il concorso esterno contestato sia oggettivamente e soggettivamente configurabile a carico di Dell’Utri, anche nel periodo di assenza dell’imputato dall’area imprenditoriale Fininvest e società collegate (periodo intercorso tra il 1978 e il 1982). «Inoltre, i giudici della Cassazione precisano al giudice del rinvio che dovrà essere verificato se il concorso esterno» sia configurabile, sotto il profilo soggettivo anche nel periodo successivo a quello appena indicato. In base alla soluzione che sarà adottata, il giudice del rinvio – dice ancora la Cassazione – dovrà, eventualmente, assumere le conseguenti determinazioni sulla causa estintiva operante in riferimento al reato che non è oggetto di rinvio».

Il rinvio che la Cassazione ha stabilito il 9 marzo scorso aveva riacceso il dibattito sulle criticità del concorso esterno in associazione mafiosa: le difficoltà di provare un reato non presente nel codice penale ma frutto dell’applicazione di due diverse figure di reato (quello del concorso in un reato e quello dei reati di stampo mafioso). Libera Informazione ha dedicato uno speciale all’argomento. All’interno anche un articolo che evidenzia le convergenze parallele fra i racconti dei collaboratori di giustizia ammessi al procedimento a carico del senatore Dell’Utri e quelli non ammessi.

In particolare, le motivazioni della condanna per il boss Francesco Tagliavia, per la strage di via dei Gergofili, raccontano uno spaccato di dialogo Stato – mafia, letto con gli occhi dei collaboratori di giustizia. E ci sono alcuni passaggi che riguardano anche il senatore Marcello Dell’Utri. Ma si tratta, come scrivono anche i giudici, di elementi che non riguardano il procedimento oggetto di quella specifica sentenza, correlata alle stragi del 1993. (leggi qui l’articolo)

Un reato prescritto?forse no. Nelle motivazioni che rinviano a Palermo il processo, i giudici della Cassazione, spiegano che  “l’appello bis del processo per concorso esterno che la Corte d’Appello di Palermo dovrà rifare nei confronti del senatore Marcello Dell’Utri, potrebbe non cadere in prescrizione. Lo dice la Cassazione nelle motivazioni della sentenza 15727. Secondo la Cassazione, infatti, si potrebbe applicare «il regime della prescrizione antecedente alla riforma del 2005 che valorizza il reato continuato». Così i termini della prescrizione cambierebbero «in pejus» per Dell’Utri e la prescrizione non cadrebbe nel 2014.

www.liberainformazione.org


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