Spesso sono le notizie minime quelle che colpiscono. Senza voler fare qualunquismo mi ha impressionato la storia delle borse scambiate a Milano. E’ noto che Hermes sia fra le griffe più care al mond e infatti che una borsa costi quasi duemila euro rientra nella norma, seppur scandalosa. L’ha acquistata una signora giapponese e pure questo non sorprende, magari se lo può permettere. Solo che alla cassa si è sbagliata e ne ha presa per errore un’altra, appena acquistata da un’altra cliente, del valore di 32 mila euro. E qui bisogna fermarsi a riflettere. Trentaduemila euro sono un capitale: ci si possono comprare due auto di media cilindrata o una grande, quasi un box, sicuramente sono uno stipendio annuo neppure malvagio, visti i tempi, molto al di sopra della media. Può costare una borsa, sia pur griffata, così tanto? Con buona pace degli animalisti (e dei bambini africani) intanto sappiamo che si tratta di una “Birkin in coccodrillo e chiusura in platino”. Certo, rispetto all’orologio da 55 mila euro regalato da Carlà al suo amato maritino, sono una bazzecola ma mi piacerebbe tanto sapere chi è la signora che ha acquistato quel…gioiello. Ricca di suo? Parente di qualcuno della Casta? Attricetta hard? Altra turista straricca? O magari più semplicemente è la moglie di un super-evasore. Comunque un’indecenza in un momento di crisi così nera. Viene spontanea una battuta: una volta i rapinatori (altri tempi: avvertivano prima di sparare) urlavano alla vittima “o la borsa o la vita”. Se si fossero trovati a passare per via della Spiga, la minaccia non sarebbe apparsa come un modo di dire. E magari avrebbero lasciato finalmente in pace le povere vecchiette.