Le crisi siriana e iraniana si intrecciano, e le loro strade portano a Istanbul, o per essere più precisi a casa Erdogan. Il premier turco in questi giorni era a Pechino, accompagnato dal suo ministro degli esteri. Quest’ultimo è tornato precipitosamente in patria, mentre il premier ha fatto rotta su Riyadh, dove incontrerà re Abdullah. Poi, si fa sapere, potrebbe andare a Mosca. Al centro dell’agenda del leader turco c’è la crisi siriana. Erdogan si è espresso in termini molti duri e molto preoccupati. Gli sconfinamenti dell’esercito siriano in territorio turco lo hanno portato a dire che “siamo entrati in una fase nuova della crisi siriana”, senza però chiarire quale.
Di certo però non pensa ad una fase più leggera, anzi. Il premier turco spinge per una nuova risoluzione dell’Onu. Nuove sanzioni contro Damasco? O pensa alle famose no fly zone e al corridoio umanitario in territorio siriano? I rischi per Erdogan sono altissimi. Un confine, quello con la Siria, in fiamme, Damasco che allea con il Pkk, e lo spettro di una divisione della Siria in tre, con un nord curdo, una fascia costiera per gli alawiti di Assad e un centro sunnita è un incubo, per lui, non per tutti gli altri attori regionali, è chiaro.
Ma Erdogan sa anche che un intervento militare turco è rischiosissimo, nel nord della Siria ci sono i curdi. E’ chiaro che prima di assumersi qualsiasi responsabilità voglia il pieno e più largo sostegno. Intanto sempre lui gestisce l’altro negoziato, quello che sabato porterà a Istanbul i ministri degli esteri dei 5 membri del Consiglio di sicurezza dell’ONu più la Germania e gli iraniani. Si parla di Iran, di nucleare.
Erdogan, per quanto si sappia che è malato, è stato recentemente anche da Khamenei, e nonostante gli iraniani abbiano alzato la voce contro di lui per via della Siria, ovviamente alla fine hanno accettato che il negoziato si svolgesse a Istanbul, e il piano Erdogan sembra funzionare. Il capo negoziatore iraniano lo ha detto esplicitamente, mentre il ministro degli esteri alzava un po’ il prezzo. Insomma, Tehran non accetta ufficialmente pre-condizioni per evitare di dover pagare altri prezzi, e ridurre le contropartite esigibili, ma il compromesso sembra possibile.
Le due partite, nucleare e Siria, si giocano negli stessi giorni, gli attori sono gli stessi, il playmaker è sempre lui, Erdogan. Difficile tenerle separate, non pensare che parlando dell’una non si accenni anche all’altra. Istanbul è proprio “caput mundi”. Passano di lì i fili esaltanti e tremendi dell’ordine o del disordine che verrà. E noi, europei, ci siamo pure permessi di dire, “ma chi vi vuole, turcacci!” Francesi e tedeschi in prima linea, con uno di loro che diceva addirittura che i turchi sono geneticamente cretini. Roba da pazzi!