CLAUDIO GIARDULLO: l film ha i suoi meriti dal punto di vista della ricostruzione, purtroppo trascura le ragioni politiche…

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Esce “Diaz”, il film di Daniele Vicari sui fatti di Genova durante il G8 del 2001. Abbiamo chiesto un commento a Claudio Giardullo, Segretario Nazionale del SILP CGIL

Giardullo, lei ha assistito all’anteprima del film che uscirà domani, ed immagino che l’abbia vista da cittadino ma anche da poliziotto. Può sintetizzare le sue un’impressioni, a tanti anni di distanza dai fatti?
“La prima cosa che mi viene in mente è che il limite del film è che non contiene nulla sulla politica o sui politici. Io penso che Genova e  il G8, questa drammatica vicenda – forse la più profonda ferita che c’è stata nell’Italia repubblicana tra le istituzioni che si occupano dell’attività di sicurezza e della società civile  – devono  essere analizzati e  si possono spiegare  solo alla luce della dimensione politica. Una dimensione che questo film mi sembra trascuri. Il film ha i suoi meriti dal punto di vista della ricostruzione, e fornisce un utile spunto di discussione e riflessione  su di una vicenda che, ancorché drammatica, man mano che si allontana nel tempo può essere analizzata con maggiore freddezza, non più con le lenti della  cronaca. Il limite, come dicevo, è che purtroppo l’analisi è sui fatti, ma trascura le ragioni e le motivazioni, anche quelle politiche, che hanno portato a quella pagina terribile”.

Quindi,  lei la contrapposizione tra poliziotto buono e poliziotto cattivo non la ritiene sufficiente per capire cos’è successo…
“Intanto, messa così, potrebbe essere ingenerosa nei confronti di quella grande maggioranza di poliziotti che all’epoca, in quella vicenda, hanno fatto e che, più in generale,  fanno il loro lavoro nel rispetto della legge, della Costituzione e dei diritti dei cittadini. Le forze dell’ordine non hanno certo l’obbiettivo di esprimere con la violenza la rabbia quotidiana di qualunque cittadino di questo Paese. Certo, nessuno deve dimenticare che, in qualunque settore del mondo pubblico del nostro Paese c’è la possibilità che si insinuino  malintesi sensi di giustizialismo,  o atteggiamenti che non sono in linea con i principi della Costituzione. Può succedere, può succedere anche nelle forze di polizia, ma se e quando succede,  parliamo sempre di gruppi ristretti e mai della categoria o dell’istituzione nel suo complesso. Il punto è che, se a Genova singoli  e gruppi hanno avuto la possibilità di esprimere comportamenti che non sono in linea con la legge e la Costituzione, questo è stato possibile perché c’era sicuramente un interesse politico da parte di chi governava a delegittimare la piazza, a mandare un messaggio ai moderati che dicesse: “La piazza è pericolosa in sé. Tenetevene lontano”, e  “ la piazza produce inevitabilmente rottura e problemi per tutti”. La ragione di tutto questo va contestualizzata  anche storicamente. Da una parte c’era l’incubo del governo di centrodestra da pochi mesi in carica,  che temeva una spallata come quella del ’94, che era riuscita  a mandarlo via. E poi di lì a qualche mese ci sarebbe stata la discussione sulla finanziaria, una finanziaria difficile che avrebbe riservato  lacrime, un giro di vite dal punto di vista economico e fiscale ed anche una stretta  dei diritti e delle tutele nei confronti dei lavoratori. La preoccupazione del governo di centro destra di allora era impedire la saldatura, attraverso le proteste di piazza, tra moderati e progressisti”.

Giardullo, per concludere facciamo un salto temporale: anche quella attuale  è una situazione di fortissima tensione che – è probabile ipotizzare – potrà  anche avere manifestazioni  che incideranno sull’ordine pubblico, magari non motivate da questioni ideologiche, ma dalla disperazione. Lei, dal suo punto di vista, come la vede? Abbiamo forze dell’ordine “responsabili”? In sintesi: possiamo stare tranquilli?
“Direi proprio di sì. Questi dieci anni non sono passati invano, se vogliamo fare ancora un raffronto con Genova. Siamo riusciti ad affermare all’interno delle istituzioni l’idea che ci deve essere formazione costante. La formazione non è soltanto addestramento, è anche l’affermazione dei valori nei quali un operatore delle forze di Polizia si deve ispirare. Sono stati fatti enormi passi in avanti, è stata costituita la Scuola di Polizia, tutto è molto più trasparente; però non bisogna accontentarsi, perché i principi democratici anche nella Polizia, come nel resto del Paese, hanno bisogno di una “manutenzione costante”  tanto più in relazione alle questioni dell’ordine pubblico. Non bisogna pensare sempre alla Polizia come alla “carta da giocare” al posto della politica. Questo vale anche in questo momento. Se chi governa fa l’errore di pensare che si possa governare in maniera indifferente rispetto alle ragioni di tutela sociale, perché tanto in piazza c’è la Polizia che può “sistemare la cosa”, fa un errore grave. Perché gli italiani se sono stanchi di una cosa è di un governo inefficace, che promette e non mantiene,  in un Paese che digerisce tutto e quindi si portati a ritenere che possa accettare la politica venga meno alle proprie responsabilità. Abbiamo bisogno, e mi riferisco alla politica e al governo, di responsabilità in mancanza della quale  aumentano  i rischi di tensioni sociali.”


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