BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Carcere. Alina, vittima due volte

0 0

Alina aveva 32 anni. Aveva perchè ha deciso di togliersi la vita in un commissariato di polizia, quello di Villa Opicina frazione di Trieste. Questo è uno dei tanti casi riportati all’interno del dossier di Ristretti orizzonti sulle morti in carcere tante troppe, soprattutto se si fa un raffronto, si legge nel dossier, tra i dati italiani e quelli delle carceri turche per lo stesso lasso di tempo, ovvero dal 2000 ad oggi. Il caso di Alina ha però un connotato aggiuntivo, un’aggravante potremmo dire. Vittima due volte: vittima del “carcere” in qualche modo e vittima della legge Bossi-Fini.

Alina infatti aveva appena finito di scontare una pena di 10 mesi di reclusione per associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, a raccontarlo sono le cronache locali. Era uscita patteggiando e sulla sua testa gravava ancora quel decreto di espulsione connesso alla detenzione carceraria ma non ancora disposto dal prefetto.

Quando Alina esce dal carcere, sabato 14 giugno è dunque formalmente una donna libera eppure ad attenderla all’uscita trova ancora una volante della polizia che la porta ad un’altra questura in attesa della formalizzazione del decreto di espulsione. Lì ci rimane due giorni prima di sfilare la cordina del cappuccio della felpa e impiccarsi alle sbarre della finestra di una camera di sicurezza sorvegliata da una telecamera a circuito chiuso.
Una storia che non fila e i cui contorni sono ancora una volta poco nitidi.
Alina non doveva trovarsi lì. L’avvocato difensore della famiglia della ragazza, che vive a Milano, non usa mezzi termini e parla esplicitamente di “sequestro di persona”. Il decreto di espulsione doveva ancora essere emanato, quindi non c’erano validi motivi per trattenerla ancora in questura.

Non doveva stare lì eppure c’era nonostante già in carcere avesse tentato di togliersi la vita tagliandosi i polsi e le sue condizioni psichiche non fossero delle migliori. E magari, viste appunto le condizioni, dalla telecamera avrebbero dovuto sorvegliarla, e invece neanche questo sembra sia stato fatto.
Sul caso è stata aperta un’inchiesta ai familiari rimangono solo domande, al momento senza risposta.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21