Rossella Urru è la giovane cooperante italiana rapita, sono ormai quasi quattro mesi, in una zona desertica del sud dell’Algeria, ed ancora in mano ai suoi sequestratori. Di lei, e delle altre due persone rapite con lei, non si sa nulla. Sono forse in mano a predoni del deserto, usati come moneta di scambio, oppure strumenti di faide tribali. La Farnesina chiede ai media silenzio e riservatezza, che non significano però oblio. Almeno per tante donne. C’è Geppi Cucciari che, sabato 18 febbraio, serata finale del Festival di Sanremo, ha inserito la vicenda della giovane cooperante nel suo applauditissimo monologo, e c’è l’Appello lanciato dalle donne Pd nel corso della manifestazione promossa a Napoli (17-18 febbraio) dalle responsabili locali e nazionali della Conferenza Donne. Un appello che ha toccato le corde della folta platea di militanti meridionali, presenti alla due giorni dedicata alle politiche di genere nelle regioni del sud d’Italia. Là dove la condizione femminile, delle giovani innanzitutto, rivela oggi come non mai tutti i nodi irrisolti di una realtà emancipata, fortemente talentuosa nel senso dell’acquisizione di livelli di istruzione e specializzazione a volte superiori a quelli delle coetanee del nord, eppure ancora costretta ad una subalternità sociale residuato di vecchi regimi patriarcali mantenuti dalla mancanza di politiche di sviluppo, dalla disoccupazione, dall’impossibilità di costruirsi progetti di libertà e di vita.
In un altro Sud, lontano e vicino, operava Rossella, volontaria del CISP, il Comitato Internazionale Sviluppo Popoli, una ong italiana storica, attiva tra le comunità Saharawi che vivono nei campi profughi di Tindouf, sud dell’Algeria al confine con il Marocco, in attesa che Rabat applichi finalmente le risoluzioni ONU che a più riprese, nel corso degli ultimi trenta e più anni, hanno confermato l’indipendenza del Sahara occidentale, terra ancestrale dei Saharawi, ed il loro diritto all’autodeterminazione. Diritto che il Marocco continua a rifiutarsi di riconoscere, dopo aver occupato ed inglobato entro i propri confini la terra saharawi, il Sahara occidentale, perpetuando nei fatti l’ultima occupazione coloniale dell’Africa, cinquant’anni dopo la messa al bando di ogni forma di colonizzazione da parte delle Nazioni unite. In questo rifugio “temporaneo” concesso dall’Algeria, un pezzo di deserto pietroso, il più inospitale del Sahara algerino, battuto tutti i santi giorni da un vento opaco che trascina mulinelli di aghi di sabbia taglienti come piccole lame, torrido per tre quarti dell’anno e freddissimo per il resto, i Saharawi hanno costruito con l’aiuto della cooperazione internazionale i villaggi dell’esilio, veri e propri campi profughi, dove però non mancano scuole per ragazzi e ragazze e centri di formazione. Qui le giovani saharawi, istruite più delle loro coetanee dell’intera regione magrebina (dove il tasso di analfabetismo femminile è superiore al 60%), imparano mille e uno mestieri. Da quelli tradizionali, tessitura e produzione artigianale per esempio, a quelli tecnologicamente avanzati, come programmazione informatica e comunicazione audiovisiva. Imparano anche ad esercitare la propria soggettività politica, il diritto all’indipendenza e all’eguaglianza tra i generi prevista dalla costituzione della RASD, la Repubblica Araba Democratica Saharawi, in arabo الجمهورية العربية الصحراوية الديمقراطية, proclamata nel 1976, e da allora benché riconosciuta da numerosi stati costretta all’esilio in questa magra e dura oasi di Tindouf. 29 anni, nata a Samogheo in provincia di Oristano, Rossella Urru è stata rapita il 23 ottobre 2011 proprio mentre lavorava con queste donne saharawi, le ragazze e le bambine di Tindouf. L’appello per la sua liberazione, lanciato a Napoli dalle donne Democratiche, è partito dalla Sardegna, dall’associazione Fed’s Féminas che lo scorso 30 gennaio ha promosso a Cagliari un incontro pubblico, “Ed ora dove andiamo”, scegliendo un titolo che fa preciso riferimento, spiegano, all’ultimo film della regista libanese Nadine Labaki, commedia contro l’integralismo, con le donne che prendono in mano la situazione per evitare guerre e faide. All’incontro di Cagliari, che ha lanciato un Tavolo cui hanno aderito e partecipato donne delle istituzioni, del mondo della cooperazione e dei media, era presente anche la deputata PD Amalia Schirru che, venerdi 17, ha portato l’appello all’attenzione della Conferenza Donne PD di Napoli. “Pensiamo che la vicenda di questa giovane donna, che sta pagando così duramente il suo impegno civile, debba stare nel cuore e all’attenzione di tutte e tutti gli italiani”, ci ha dichiarato Schirru, raggiunta da witc durante i lavori di Napoli. “Per questo, a Cagliari, la domanda rivolta alle donne delle associazioni e delle istituzioni, del volontariato e dei media è stata una sola: che cosa possiamo fare tutte insieme per mettere fine al drammatico rapimento di Rossella. Ci rivolgiamo anche alle donne della sponda sud del Mediterraneo, occorre creare una forza politico-sociale che si opponga a tutte le forme di violenza ed ai reati che vengono perpetrati quotidianamente in tutti i paesi del bacino mediterraneo.”.
Ecco qui in pdf il documento approvato a Cagliari, una sintesi dei lavori dell’iniziativa “Ed ora dove andiamo” e dell’azione messa in campo dalle donne sarde.