Se c’è una cosa che non possiamo tollerare venga sbattuta lì, in prima pagina, senza commento, a proposito della strage al liceo ebraico di Tolosa, è la dichiarazione dell’assassino confesso che strumentalizza i bambini palestinesi, e la tragedia mediorientale, per dare una patente ideologica al suo gesto criminale. Se c’è una cosa che noi di women in the city non possiamo in alcun modo avallare è che l’informazione su un crimine che colpisce dritto al cuore della convivenza civile, che fa strazio della lezione storica del Novecento, possa correre il rischio di ingarbugliarsi, rimescolando contenuti, opacizzando emozioni.
Siamo dalla parte del No a qualsiasi forma di censura, combattiamo quotidianamente per illuminare la vita, i bisogni, i punti di vista di soggetti trascurati e ignorati dalla grande macchina informativa e da una gerarchia della notizia cristallizzata dalla parte del più forte.
Ma proprio per questo, di fronte alla tragedia di Tolosa, il nostro punto di vista è chiaro, la nostra consapevolezza forte e radicata: diamo voce alle vittime piuttosto che all’assassino. Agli inermi piuttosto che ai loro carnefici. Al punto di vista forte e netto che pone al centro valori universali, piuttosto che a farneticazioni che la storia, lungo i secoli, si è già preoccupata di indicare, ad uomini e donne, come strumenti sinistri di dolore universale.
Non lasciamo che le parole dell’assassino germoglino come funghi velenosi.
La nostra responsabilità di informatori ed informatrici è anche quella di compiere scelte, momento dopo momento, davanti ai fatti che la cronaca quotidiana della vita ci impone di narrare. Ieri, davanti all’assassino dei bambini e ragazzi norvegesi dell’isola di Utoya, oggi davanti all’assassino dei bambini e del giovane papà e maestro ebrei .
C’è un filo di sporca convinzione nel gesto che lega queste due dolorosissime vicende che non può essere descritto senza che, accanto al dovere di narrare, ci sia altrettanto chiaro quello che spiega perché lo condanna.
Lo condanna perché l’antisemitismo è il volto eterno in cui si riflette non solo la persecuzione di un piccolo popolo ma tutte le persecuzioni.
Lo condanna perché l’ideologia nazista produttrice di guerra e di sterminio, la stessa che ha ridotto il Novecento ad un cimitero di croci, è stata posta con fermezza fuori dalla Storia. E lì deve rimanere.
Lo condanna perché ha chiara la linea di confine tra lotta per la libertà e ossessioni che costruiscono deliri di mondi basati sull’odio.
Lo condanna perché un gesto di follia criminale non pretenda di imporsi alla coscienza collettiva, dettando l’agenda politica.
Infine, ancora più semplicemente, lo condanna perché di sproloqui di morte che conservano l’orma di vecchie intolleranze con nuove divise, ne abbiamo piene le tasche.
Non abbiamo molto da aggiungere, davanti alle morti di Tolosa. Se non che siamo interamente dalla loro parte, ennesime vittime incolpevoli di guerre oscure combattute altrove.
Per quanto ci riguarda, siamo convinte che, per contribuire come informazione a far sì che gesti simili non si ripetano mai più, occorra fare scandalo. Dire chiaro che questo killer è solo un killer. E che anche i bambini palestinesi sono vittime sue.