Prove tecniche di internazionalismo progressista. E’ quanto è andato in scena a Parigi, dove si sono ritrovati i maggiori leader dei partiti di sinistra europei a sostegno di François Hollande nella campagna elettorale per le presidenziali francesi contro il conservatore Nicolas Sarkozy. “Una foto socialdemocratica” da Parigi per il segretario del PD, Pier Luigi Bersani, dopo quella sbiadita di Vasto (con Di Pietro e Vendola, quasi a sancire un “fronte comune della sinistra alternativa”) e la più recente da “trionfo dell’inciucio”, scattata nelle ovattate stanze di Palazzo Chigi dal centrista-democristiano Casini, insieme al segretario del PDL, Alfano, e al presidente del consiglio, Mario Monti.
Un ritorno alle origini per Bersani, pressato da D’Alema, da sempre favorevole a rivitalizzare il movimento europeo dell’Internazionale Socialdemocratica, oppure una scelta obbligata per accreditarsi all’estero come esponente di sinistra con i più forti e combattivi partiti riformisti francese, tedesco ed inglese?
Certo che per sconfiggere la “Santa Alleanza conservatrice”, come ha definito Hollande l’attuale egemonia dei governi della destra iperliberista (Merkel, Sarkozy, Cameron, Rajoy), fautori dell’infausto accordo “Fiscal compact”, che minerà le fondamenta dell’autonomia costituzionale dei paesi firmatari, ci vorrà una buona dose di riformismo socialdemocratico, l’abbandono della linea monetarista, un ampliamento del welfare e politiche europeiste più coraggiose per incrementare ricerca, sviluppo ed occupazione, specie quella giovanile e femminile. C’è bisogno, insomma, di rinfrescare quella progettualità ideale e concreta contenuta nel “Piano Delors” (l’ex presidente della Commissione europea dall’85 al ’95, socialista e padre della segretaria del PS francese, Martine Aubry), adattarlo alle sfide della più grande crisi recessiva, che i paesi industrializzati abbiano mai vissuto da un secolo a questa parte. Questa è la sfida che la nuova sinistra europea deve raccogliere per gestire modernamente le trasformazioni delle nostre società nell’era della Globalizzazione e della Rete.
Ecco allora, che l’aria di Parigi, oltre “a rendere liberi”, come si diceva un tempo tra i rifugiati politici del Novecento, deve aver inebriato la mente del guardingo Bersani, che si è lasciato andare a propositi ben più progressisti, rispetto alla pratica governativa quotidiana, che in Italia gli sta consegnando un partito diviso, sull’orlo della scissione, e soprattutto gli sta facendo venir meno i consensi di larga parte del sindacato, dalla FIOM a settori della CGIL, oltre che dell’elettorato un tempo fieramente “antiberlusconiano”.
Il PD è sull’orlo di una crisi di identità. Alcuni settori di provenienza democristiana-popolare-margherita, rimpolpati dagli emuli di Veltroni, vedono come il fumo negli occhi un’eventuale svolta socialdemocratica del partito, spingono il vertice ad abbracciare senza tentennamenti le scelte politiche di Monti, vedono di buon occhio non solo un’alleanza strategica con i centristi di Casini, ma addirittura sarebbero favorevoli a proseguire l’esperienza attuale anche dopo il 2013. Anche a costo di rinviare le elezioni politiche generali, con la scusa che “così ce lo chiede l’Europa”, come già avvenuto per la Grecia!
Per alcuni di loro Bersani avrebbe anche sbagliato a scendere in campo a favore di Hollande, ritenuto evidentemente un pericoloso “radical-socialista”, e così hanno pubblicamente appoggiato il candidato centrista François Bayrou, ex-gollista, che già fece perdere consensi alla socialista Ségolène Royal nelle precedenti presidenziali nel secondo turno di ballottaggio, quando vinse Sarkozy.
E’ “il vecchio che avanza”! Un “dejà-vu” dei neocentristi italiani che pensano sia finita davvero l’epoca del berlusconismo imperante, che con un “salvacondotto giudiziario” il Califfo/Incantatore di Arcore se ne andrebbe docile, docile in pensione, lasciando libero campo ai tipi come Alfano e il neo-democristiano Casini. I tanti conflitti d’interesse così dispersi nelle nebbie padane.
Una favoletta per gonzi che non convince neppure quelli di Italia Futura del “bel tenebroso” Cordero di Montezemolo, che ha lanciato proprio in queste ore il progetto neoliberista “Cantiere Italia 2013” (autori Carlo Calenda, Andrea Romano e Nicola Rossi, economista ex-PD della “scuderia Veltroniana”): un manifesto così contraddittorio e velleitario nei suoi contenuti generici, che ha come obiettivo principale quello di scomunicare la deriva socialdemocratica del PD e di prospettare ricette economico-sociali tanto care a Marchionne, da “capitalismo compassionevole” (meno stato, più responsabilizzazione per i cittadini, valore taumaturgico della globalizzazione, ecc.). Quelle stesse idee che hanno portato il New Labour di Tony Blair e Gordon Brown alla sconfitta e che rischiano di azzoppare anche la carriera di Barack Obama nella sua battaglia elettorale contro i Repubblicani oltranzisti alle presidenziali USA di Novembre.Forse Bersani, preso dall’entusiasmo del neofita e dal clima surriscaldato del Cirque d’Hiver, a Parigi, non ha ben compreso la contraddittorietà delle sue più recenti posizioni da “uomo di governo” (in quanto esponente di primo piano nella maggioranza che sostiene il governo della destra tecnocratica, Monti/Passera/Fornero). Come giustificare, difatti, l’arrendevolezza mostrata nel vertice notturno a Palazzo Chigi sui temi della giustizia, del mercato del lavoro e della RAI, alle posizioni totalmente opposte dei socialdemocratici europei?
Non si può essere “servitore di due padroni”, come l’Arlecchino di Goldoni insegna, specie in politica, e pensare di poter così ottenere consensi mediatici ed elettorali. Ma poi c’è bisogno di Arlecchini ancora sul proscenio della politica nostrana, dopo l’Impresario televisivo di Arcore?Chi salverà l’Italia dall’ennesime leggi-truffa sulla giustizia, sulle libertà fondamentali nel mercato del lavoro (Articolo 18 e precariato), sulla lotta alla corruzione-concussione e alle varie mafie, sulla difesa del pluralismo informativo e l’autonomia editoriale e imprenditoriale della RAI?Non certo questi attori della politica odierna, che non sanno recitare neppure a soggetto nella loro “commedia dell’arte”!Mentre nel paese sfilano per le piazze decine e decine di migliaia di persone (giovani, anziani, donne, occupati e disoccupati, precari e pensionati, operai e ricercatori universitari, ceto medio produttivo) per dimostrare la loro “indignazione” contro i soprusi di uno stato che li considera ancora “sudditi” e non cittadini, da spremere come limoni e da non garantire né quando lavorano né quando perdono il lavoro, nei palazzi del potere va in scena l’ennesimo canovaccio del “tutto va bene madama la marchesa”, come fossero dei pensionati gaudenti e un po’ rincitrulliti di “Villa Arzilla”.
Il “Rinascimento per l’Europa” è progetto troppo serio e impegnativo per poterlo affrontare come se si partecipasse ad uno dei tanti talk show oramai sempre più disertati dal pubblico televisivo. Gli impegni presi con i maggiori leader riformisti europei non possono essere disattesi o, appena si ritorna a Roma, messi nella naftalina. O sì è per una politica neo-keynesiana per lo sviluppo, la crescita, la piena occupazione e l’allargamento del welfare state, oppure si dica chiaramente che la scelta del PD è un “misto fritto” di neoliberismo in “salsa romagnola”. O si è per profonde riforme istituzionali in economia, nella finanza, nel sistema bancario, nel ruolo dello stato come regolatore del mercato e contro il Totem iperliberista delle privatizzazioni-liberalizzazioni, oppure si affermi il passaggio definitivo nel campo del centrismo.Il tempo scorre inesorabile per tutto il centrosinistra. La clessidra politica della Storia sta esaurendo il suo giro di sabbia e gli alibi dilatori della Casta si sono disvelati.
Occorre far presto, prima che le truppe sparpagliate della destra populista e affarista berlusconiana/leghista si ricompattino e che il radicalismo prenda il sopravvento tra le coscienze calpestate dalla recessione e si trasformi in violenza irredentista.