“La forza della mafia è fuori dalla mafia” grida Luigi Ciotti dal palco di Genova, davanti alle migliaia e migliaia di persone arrivate da ogni parte d’Italia per la 17° Giornata della Memoria e dell’Impegno indetta da Libera. Ed è un messaggio diretto al Governo ed al Parlamento ma anche alla Magistratura, a quella parte che afferma, dentro e fuori la Cassazione, che al ‘concorso esterno all’associazione mafiosa, non ci crede più nessuno’. Perché, continua Ciotti, c’è chi oggi scherza con il fuoco: «Vogliono cancellare il concorso esterno in associazione mafiosa, ma questo reato esiste ed è stato utile alla magistratura per incidere nella zona grigia. Ho il dubbio che tutto questo faccia parte di una strategia».
Dopo Genova ed i centomila passi della marcia aperta dai 500 parenti delle vittime di mafia (a nome dei 900 assassinati dalle mafie) il nodo delle forme di reato da colpire per colpire la “zona grigia” delle collusioni mafiose non è più eludibile.
Il “concorso esterno” è un reato da meglio delineare, magari, ma da rafforzare: guai ad indebolirlo con iniziative parlamentari azzardate!! E con la sentenza della Cassazione su Dell’Utri, si “è aperta una ferita”, ha detto Luigi Ciotti con il procuratore di Torino Giancarlo Caselli, da rinchiudere presto e con maggior rafforzamento di quel dispositivo di legge .
«La politica ha cambiato passo e l’Italia ha recuperato credibilità. La verità è che c’è bisogno che torni una politica vera, seria, al servizio della gente comune», dice ancora Don Ciotti chiudendo la manifestazione. «Attenzione però perché la vecchia politica non si dà per vinta, non demorde, è in agguato. Il governo Monti sta facendo buone cose e vogliamo sottolinearle aiutandolo con le nostre azioni nelle cose che non vanno».
L’invito di Libera è chiaro: il mondo della società civile, dell’antimafia che vuole arrivare alla verità sui misteri della mafia(e dei rapporti tra mafia e politica) ma anche combattere la criminalità organizzata,la corruzione e la violenza mafiosa, è pronto a collaborare con le istituzioni; anzi, già collabora con le istituzioni sane di questo paese (basti pensare ai beni confiscati alle mafie). Ma chiede con ancora più forza che venga colpita con gli strumenti della legge e delle leggi quell’area delle collusioni, degli insospettabili che nella società, nell’economia e nella politica favoriscono gli appalti , il riciclaggio dei soldi sporchi,gli appalti alle società di comodo legate alle famiglie mafiose. E, aggiunge Luigi Ciotti con Don Gallo che riafferma con ancora più forza,”attenzione, le zone grigie ci sono anche nella Chiesa”; e detto da loro ha un valore diverso, da allarme serio, rivolto alle parrocchie dove si chiudono gli occhi su tanti parrocchiani…
Ma da Genova vengono anche altre indicazioni è importante la decisione del governo di indire funerali di Stato per Placido Rizzotto, il sindacalista ucciso dai corleonesi di Leggio perché guidava la rivolta contadina contro i feudi,in quel lontano 1948. Ma Rizzotto, ed altri 43 sindacalisti uccisi dalla mafia nel dopoguerra, per anni ed ancora oggi,non sono riconosciuti vittime della mafia perché assassinati prima del 1961. Con una legge anacronistica ,nel nostro paese è stato deciso che quelle vittime, trucidate prima e dopo Portella della Ginestra, sono diverse dalle vittime mafiose degli anni più recenti Una discriminazione che i centomila di Genova chiedono che venga ora cancellata. Quei 900 e più nomi di assassinati dalle mafie lette dal palco del Porto Antico di Genova, sono tutti uguali ,tutti nomi alla ricerca di dignità, di verità e giustizia.
Certo ci sono anche novità positive:la costituzione di una commissione straordinaria europea contro la criminalità organizzata «è una novità importante» e “il lavoro che può fare può servire a costruire il livello di coscienza necessario a contrastare il ruolo nefasto e distruttivo della criminalità”,come ha detto Sergio Cofferati a margine della manifestazione.
Passi avanti in Europa, mentre in Italia si rischiano passi indietro: per questo l’appello dei centomila di Genova va dritto alla questione:”non abbassare la guardia,guai a disattivare il radar” ripetono i familiari delle vittime, consapevoli come la rete di Libera Informazione (con Articolo21) che solo l’attenzione sempre alta, i fari ben accesi sulle zone di complicità e di violenza mafiosa, le risposte alle intimidazioni contro i giornalisti (come testimonia “Ossigeno”), possono “sbattere la porta in faccia alle mafie”. Il seminario del pomeriggio del 17 marzo sull’informazione, ha proposto non solo ricette ,ma riflessione sul modo per fare questo lavoro, con passione, ma molto rigore. Perché di mafia bisogna “parlarne,parlarne ed ancora parlarne” ,parafrasando le parole di Paolo Borsellino. Ed una critica rivolta apertamente, da Libera Informazione, all’intero mondo dell’informazione, in particolare agli editori e dirigenti di giornali,Tv e radio,pubbliche e private.
Diminuisce l’attenzione verso le notizie di mafia,camorra e ‘ndrangheta; la tensione morale e collettiva non viene adeguatamente alimentata da inchieste e reportages, come se contassero solo i morti per terra ed i delitti più o meno eccellenti e non,invece, il lavoro di scavo ed approfondimento per fornire all’opinione pubblica elementi di riflessione per reagire, così come alle istituzioni notizie da discutere per buone prassi e leggi, regionali ,provinciali e comunali, che possano arginare la penetrazione mafiosa nell’economia e politica reale. Bastano,per questo i dati della società “Vidierre Media Analysis”, sulle citazioni di mafia, camorra e ‘ndrangheta nei Media italiani: per la mafia i media sono passati dalle 925 citazioni del 2009 alle sole 523 volte del 2011. Per la ‘ndrangheta, nonostante la riconosciuta pericolosità di questa organizzazione a livello mondiale,le citazioni da 636 volte nel 2010 è scesa a sole 262 citazioni nel 2011. Non va meglio ancora per la camorra, nonostante gli arresti clamorosi: citata nel 2009 ben 456 volte su giornali,radio e tv, nel 2011 è stata citata solo 375 volte.
Troppo poco: e da Genova quindi l’appello arriva a tutti noi,piccoli e grandi giornalisti. Non demordere, palarne, parlarne, parlarne. Anche per difendere con la ormai nota “scorta mediatica” quei giornali e giornalisti in pericolo ed attaccati perché hanno voluto fare fino in fondo il lavoro di informare ,come stabilito dall’articolo 21 della nostra Costituzione.