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Euro 2012, un calcio ai diritti umani

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Prima si parlava di boicottaggio, si gridava allo scandalo, alla violazione dei diritti umani. Si invitata a non seguire nemmeno una partita, su Twitter era persino bandito l’hashtag #euro2012. Poi, complici il sempre amato gioco calcio, la febbre da partite e il tifo per la nostra nazionale che ci tiene con il fiato sospeso, le questioni spinose di Euro 2012 sono sparite dai media. Non più una parola, o comunque molto poche, su internet, quotidiani, radio e tv.
Potere dello sport più amato del mondo che, con match evocativi come quello tra Grecia e Germania, fa dimenticare anche il caso di Yulia Tymoschenko. L’ex Primo Ministro ucraino, pasionaria della Rivoluzione Arancione, è in carcere dall’agosto 2011, condannata a 7 anni per abuso d’ufficio, malversazione e evasione fiscale. Lo scorso  24 aprile ha cominciato uno sciopero della fame per i maltrattamenti subiti nel penitenziario di Jarcov. Gli scatti che mostravano i segni di violenze e percosse sul corpo della Tymoschenko hanno fatto il giro del mondo e scioccato gran parte dell’opinione pubblica. Ma l’attuale presidente ucraino Viktor Yanukovich ha continuato a dare ragione ai giudici, secondo cui l’ex lady di ferro si sarebbe ferita da sola, e le ha negato la scarcerazione. I leader europei, tra cui Angela Merkel, David Cameron e José Barroso, lo hanno prima accusato di autoritarismo e poi hanno deciso di boicottare la manifestazione. Il governo italiano si è mostrato indeciso sul da farsi. All’esordio degli Azzurri, in Polonia, era presente il Presidente Napolitano. Ad oggi, però, nessun rappresentante del Governo sembra essere in partenza per Kiev, dove domani l’Italia sfiderà l’Inghilterra. La stampa, intanto, pensa a Cassano e Balotelli, a Rooney e a Roy Hodgson, per il caso Tymoschenko e, va detto, anche per l’orribile mattanza di randagi, sembra non esserci più spazio. Sarebbe bello se, assieme alla formazione e alle tattiche dell’Italia, i cronisti continuassero a raccontare cosa accade in Ucraina, oltre all’Europeo. Al di là di ogni, presunta, diplomazia in salsa sportiva.


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