Odg, Fnsi, UsigRai: “con il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia, il bavaglio è servito”

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“L’informazione per essere libera deve essere anche chiara e completa. Non è un privilegio dei giornalisti, ma un diritto costituzionale dei cittadini”: lo afferma Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Descrivere con precisione, citando i documenti, perché una persona viene arrestata non viola la presunzione di innocenza. La norma approvata nel Consiglio dei
ministri, che cambia l’art 114 del codice penale, impedisce la pubblicazione anche solo di estratti delle ordinanze di custodia cautelare. Non solo si limita pesantemente la libertà di stampa, ma si infligge un colpo duro alla trasparenza e al controllo sull’operato della magistratura da parte dell’opinione pubblica. Con buona pace del giusto principio sulla presunzione di innocenza.”

Sulla vicenda interviene anche il presidente Vittorio di Trapani, che sui social scrive: “Questo governo continua a smantellare l’art.21 della Costituzione. Mentre tiene in ostaggio la Rai perché impantanato nella guerra per spartirsi le poltrone, mentre ottiene 15 minuti in prima serata per l’intervista auto-assolutoria di un ministro ex dirigente Rai, il governo trova il tempo di imporre un nuovo bavaglio alla stampa e ai cittadini, che saranno meno informati. Un ritorno al passato che nulla ha a che vedere con il garantismo. In realtà il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare è un piacere ai potenti che vogliono l’oscurità e ai colletti bianchi».

Il governo prepara un nuovo bavaglio per la stampa” scrive l’Esecutivo Usigrai.
“Come primo atto dopo la pausa estiva, l’esecutivo ha varato il decreto legislativo che vieta la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare, il documento con cui un giudice riassume le accuse verso un arrestato, almeno fino alla fine dell’udienza preliminare, quindi per molti mesi.
Dopo che il decreto diventerà legge, di un arrestato si potrà pubblicare letteralmente solo il reato ipotizzato ma non le prove raccolte.
Per paradosso il giornalista per raccontare i motivi di una carcerazione potrà usare tutte le parole tranne quelle che il giudice ha usato nel suo atto di accusa. La conseguenza sarà un’informazione più opaca, parziale, e meno oggettiva.
Un atto che lede il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, specialmente di quelli privati della libertà.
Un provvedimento che, insieme al cosiddetto decreto Cartabia sulla presunzione d’innocenza, che affida ai procuratori la responsabilità di decidere se di una inchiesta si debba parlare o meno, viene giustificato con lo slogan: ce lo chiede l’Europa.
Fatto non vero, perché la legge 343/2016 del parlamento e del consiglio europeo, a cui si rifà il governo, si rivolge esclusivamente alle autorità pubbliche, non non chiede di limitare le comunicazioni ai giornalisti, ma anzi raccomanda di tutelare la libertà di stampa.
Più che a tutela di un arrestato, questo nuovo decreto appare un regolamento di conti verso la libera informazione; contribuisce a far perdere all’Italia posizioni nelle classifiche sulla libertà di stampa e appare in totale contrasto con l’European Media Freedom Act che tutela al massimo la libertà di stampa come fa anche dall’articolo 21 della nostra Costituzione”.


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