Per venti centesimi di sconto sulla zucchina. In morte di Setnam Singh

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Quattro euro l’ ora. Quanto è lunga un’ ora? Tanto quanto una zucchina a pochi centesimi. Tanto quanto un mondo dove conta il “profitto” e non l’ umano diritto di stare a questo mondo. Karl Marx ci diceva che il lavoro è valore, il profitto è furto, lavoro rubato da chi non lavora. Ma a questi non basta il profitto, il plusvalore. Chiedono la vita. Abbiamo creato macchine invisibili che ci fanno belli ma loro non debbono esistere. “Quanto costa una zucchina? Mi faccia lo sconto. Ancora di più”. E alla fine quel chilo di zucchine lo abbiamo così scontato che si muore. Le cose hanno colpe in chi agisce ma complicità in chi non ne vuole sapere e pensa solo allo sconto che vuole ottenere. Io sono erede di contadini senza terra, di proletari, di braccianti, di cafoni, di burini. Sono figlio degli ultimi della terra, quelli che erano poco più che concime. Vengo, non lo celo, da moti di rivolta, da spirito ribelle, da chi non aveva pietà perché non l’aveva mai ricevuta. Oggi nella morte di un ragazzo indiano trovo quelle ragioni che ci fecero desiderosi di speranza ma ci siamo fatti pagare dalla mediocrità e queste morti, questi omicidi, sono anche figli della nostra viltà, della rassegnata sconfitta di essere diventati impiegati statali, parastatali e affini. Il riscatto del lavoro dei suoi figli ora sarà o pugnando si morrà, diceva Filippo Turati. Stiamo morendo senza combattere, stiamo uccidendo senza guerra, per 20 centesimi in meno tirati sul prezzo delle zucchine. Si chiamava Satnam Singh quel ragazzo, aveva 31 anni, veniva da un Paese pieno di spezie, dove hanno capito lo zero quando noi iniziavano da uno. E’ morto per uno sconto su una zucchina, è morto perché noi siamo (ci sentiamo) migliori e loro no. Mi vergogno, noi siamo peggiori.


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