I luoghi di Satnam Singh. Il contesto di una tragedia non isolata

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A pochi giorni dalla morte di Satnam Singh, bracciante agricolo vittima di un incidente sul lavoro e di una vile omissione di soccorso, a fronte di numerose ricostruzioni e tentativi di lettura dell’episodio estrapolato dal suo contesto, penso sia importante cercare di restituire dignità a quest’uomo, a sua moglie e alla loro storia di lavoratori sfruttati che, senza la tragedia, sarebbe semplicemente continuata nella normalizzazione generale. Le agenzie di stampa, d’altra parte, rilanciano questa notizia aggiungendo dettagli sempre più raccapriccianti ma non riescono a restituire una chiara fotografia dei luoghi in cui è avvenuta la vicenda, elemento chiave per poter leggere la portata dell’accaduto. Le campagne intorno a Latina sono, quasi tutte, di proprietà delle stesse famiglie da ottant’anni a questa parta: si tramandano di padre in figlio, piccole o medie aziende agricole a gestione familiare. È estremamente raro, in quelle zone, trovare terreni agricoli in vendita e avviare un’attività di quel tipo da zero. Questa non è una condizione esclusiva dell’Agro Pontino, ma un elemento costitutivo di quel territorio, un tratto caratteristico che bisogna considerare come premessa necessaria per comprendere il contesto di cui parliamo. Quelle che abitano nelle campagne intorno a Latina sono elemento chiave per poter leggere la portata dell’accaduto. Le campagne intorno a Latina sono, quasi tutte, di proprietà delle stesse famiglie da ottant’anni a questa parta: si tramandano di padre in figlio, piccole o medie aziende agricole a gestione familiare. È estremamente raro, in quelle zone, trovare terreni agricoli in vendita e avviare un’attività di quel tipo da zero. Questa non è una condizione esclusiva dell’Agro Pontino, ma un elemento costitutivo di quel territorio, un tratto caratteristico che bisogna considerare come premessa necessaria per comprendere il contesto di cui parliamo. Quelle che abitano nelle campagne intorno a Latina sono comunità abbastanza chiuse: nei borghi (piccole frazioni agricole satelliti del centro urbano) sono quasi tutti imparentati fra loro, alcune persone conservano ancora oggi un forte accento veneto, anche se magari in Veneto non ci sono mai state. Molti nostalgici del fascismo, che ha dato le terre ai loro nonni, “perché se non c’era Mussolini noi non stavamo qua”. Generalmente le motivazioni per cui si definiscono fascisti si riducono a questo. Una bolla ferma agli anni della bonifica e della fondazione: tutto quello che è avvenuto dopo, compreso il presente, sono fortemente relativizzati in funzione di quella lettura di ex mezzadri che all’improvviso sono diventati proprietari di qualcosa. L’isolamento è amplificato dalla forte insufficienza di mezzi pubblici che colleghino le campagne coi centri urbani: fatti salvi gli autobus organizzati durante il periodo scolastico, già a pochissimi chilometri dalla città, se non hai un mezzo privato, sei letteralmente isolato in mezzo ai campi, su strade senza marciapiede. In tempi più recenti, dagli anni Novanta in poi, hanno cominciato a trasferirsi in queste zone periferiche anche famiglie e piccoli gruppi di stranieri che trovavano lavoro come braccianti: polacchi, romeni, qualche nordafricano, e poi in tempi più recenti altre comunità come quella indiana. Coerentemente con la loro fede politica, e, ancor di più, conseguentemente al fatto di vivere in vere e proprie enclave, fra gli abitanti storici di questi luoghi è facile trovare un forte substrato di razzismo e xenofobia. Tuttavia, nelle loro aziende agricole è impiegata quasi esclusivamente manodopera straniera, spesso in nero o con contratti totalmente irrealistici, in cui viene dichiarata una giornata di lavoro a settimana. Queste sono condizioni comuni a tantissimi braccianti in ogni parte d’Italia, ampiamente documentate e denunciate (qui il link per vedere “Tendopoly”, un’efficace e puntuale docu-serie di Campagne in Lotta Tendopoly – 1 – La spettacolarizzazione degli invisibili (youtube.com), ma ogni fenomeno diffuso in zone più ampie si innesta inevitabilmente con le peculiarità dei luoghi in cui si manifesta. È per questo che quando si parla dello sfruttamento dei braccianti dell’Agro Pontino è corretto parlare anche di caporalato, camorra e agromafie, ma non è esaustivo. La comunità sikh nel territorio della provincia di Latina è numerosa ed impiegata quasi completamente nelle campagne. Più di 10000 persone (alcune stime parlano di 20000 individui fra regolari e irregolari) che da anni fanno sentire la loro voce con ogni mezzo possibile raccontando e denunciando condizioni di vita e lavoro aberranti. Nonostante ciò, la copertura mediatica – soprattutto nazionale – è piuttosto occasionale e in breve tempo la battaglia che da anni portano avanti torna ad essere silenziata e isolata, per la gioia di chi li sfrutta e li ricatta.  La pustola infetta esplosa con la morte di Satnam Singh era sotto gli occhi di tutti, ben nota da anni, e ampiamente documentata: la ricerca “sfruttamento braccianti agricoli agro pontino” su Google, alla data del 31 maggio 2024, produce 3540 risultati. Un territorio salito agli onori delle cronache molte volte negli ultimi anni, oggetto di inchieste, dossier e reportage, dove fra quelli che amano farsi chiamare “padrone”, c’è anche chi non disdegna la manodopera minorile. Torniamo alla geografia dei luoghi. Il Comune di Latina è il quarto nel Lazio per estensione territoriale: il verde pubblico è pochissimo, e si concentra nella porzione di Parco Nazionale del Circeo, presso il lago costiero di Fogliano. Per circa i due terzi il territorio del Comune è composto da campagne. Dunque, più della meta del territorio comunale è proprietà delle famiglie di cui sopra. Un peso politico non indifferente che si evidenzia nei risultati di voto compatti nelle elezioni amministrative. La zona in cui sorge l’azienda agricola Lovato, in cui Satnam Singh e sua moglie erano impiegati senza contratto per 4€ l’ora, è una zona molto particolare anche per altri motivi. L’area che include Borgo Bainsizza e Borgo Santa Maria, insieme a Borgo Montello e Borgo Sabotino, è quella dei cosiddetti “Borghi dell’Ovest”, ed è un territorio su cui insistono la ex centrale nucleare e la famosa discarica di cui parlò anche il pentito Carmine Schiavone, dove la camorra avrebbe sepolto rifiuti tossici. Discarica a cui con ogni probabilità è legato l’omicidio del parroco di Borgo Montello, nel 1995, Don Cesare Boschin che aveva iniziato a raccogliere informazioni sul viavai notturno di camion presso il sito di stoccaggio rifiuti. Non apriremo questa parentesi, anche perché online si trova tanto materiale su quella discarica. Sembra opportuno sottolineare, però, come anche su quell’argomento escano periodicamente notizie enormi che non hanno poi alcun seguito, come quella della falda acquifera che si trova fra la centrale e la discarica risultata inquinata da cloruro di vinile. Falda che con ogni probabilità è stata (o è ancora) fonte di acqua per l’irrigazione di quei campi. E anche quando si parla di caporalato e di mancanza di controlli, vale la pena ricordare ciò che emerse proprio a Latina appena 5 anni fa: la complicità di un ispettore del lavoro, Nicola Spognardi, e del segretario della Fai Cisl, Marco Vaccaro, nella copertura di un sistema di sfruttamento dei lavoratori agricoli. Dalle campagne di Latina arriva anche Danilo Calvani, ex leader dei forconi, ora fra i leader del movimento dei trattori, che nei mesi scorsi ha attraversato l’Italia con varie rivendicazioni fra cui la richiesta del taglio dell’Irpef e sostegni economici. Mentre gli agricoltori piangevano miseria i braccianti venivano imbottiti di oppioidi per sostenere ritmi di lavoro disumani, sviluppando vere e proprie dipendenze. La zona su cui sorge l’azienda agricola Lovato è la stessa in cui si trovava il campo rom Al Karama, ora parzialmente distrutto e reso inagibile da un incendio. Un campo che negli anni è stato protagonista della campagna elettorale delle destre locali che, dal 2009, promettevano l’immediato sgombero del sito, a tutela della popolazione dei borghi limitrofi. Nonostante la destra abbia quasi sempre vinto le elezioni amministrative, lo sgombero non è mai avvenuto (probabilmente perché di difficile gestione, ma forse anche per non perdere un così efficace strumento di propaganda) e, paradossalmente, alcuni dei rom lavoravano nelle campagne, alle dipendenze di quelli che votavano per sgomberarli. La morte di Satnam Singh è dunque molto più di una morte sul lavoro. E non sarebbe così assurdo pensare che ci possano essere altri Satnam Singh sepolti di nascosto da qualche parte, in quelle campagne.
Perché le radici di ogni tragedia affondano nel suolo che è stato preparato per esse. Con tonnellate di letame.
(Nella foto la discarica di Borgo Montello)


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