Caso Slovacchia, non si può tacere

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Nel momento in cui un personaggio più che discutibile come Robert Fico, teoricamente leader di un partito vicino alla famiglia del socialismo europeo, nella realtà esponente dell’orbánismo diffuso che caratterizza il nostro tempo, si permette di chiudere la critica RTVS (Radio e Televisione della Slovacchia) per sostituirla con la compiacente STVR (Televisione e Radio Slovacca), compiendo un gesto talmente grave che non si era mai visto nel contesto europeo, l’Europa ha il dovere di non tacere. Se tacesse, infatti, legittimerebbe un precedente inaccettabile, comunicando la sensazione che tutto ormai sia lecito, che il trumpismo sia definitivamente tornato al potere e che il progetto comune (parlare di sogno, al momento, è francamente eccessivo) si sia drammaticamente dissolto. Non possiamo permetterlo, anche perché questa barbarie è destinata a fare scuola. Spiace dirlo, ma il Vecchio Continente si sta suicidando. Un’Unione Europea che già ha tollerato senza batter ciglio la ferocia dell’estrema destra polacca nei confronti della comunità LGBTQ+, che ha scoperto la natura illiberale di Orbán solo quando il nostro si è messo a sostenere apertamente Putin e che ora dovesse lasciar compiere a Fico un simile scempio senza alcuna reazione, quest’Europa, che in nome della contingenza e di convenienze meschine, ha sacrificato valori, ideali e prospettive, qualora non dovesse intervenire per sanzionare adeguatamente un atto di guerra nei confronti della libertà d’informazione, meriterebbe di estinguersi.
Se l’orrore, anziché essere contrastato con fermezza, dovesse essere accettato, difatti, saremmo al cospetto di uno stravolgimento dei principî stessi sui quali si fonda questa collettività in disarmo, ormai priva di modelli e punti di riferimento. E se nessuno, in nome del presunto diritto dell’autodeterminazione dei popoli, che naturalmente vale solo per gli amici, non certo per gli altri, dovesse chiedere espressamente l’espulsione della Slovacchia dal consesso continentale, saremmo di fronte alla bancarotta morale, alla fine di ogni illusione e alla certezza che il fascismo del Ventunesimo secolo abbia gettato definitivamente la maschera, distruggendo tutti i presidi democratici che dovrebbero costituire altrettanti capisaldi del nostro stare insieme.
Per quanto ci è possibile, noi non resteremo in silenzio. Chiediamo, tuttavia, agli europarlamentari italiani dotati di un minimo rispetto della Costituzione e dei capisaldi sui quali si fonda l’Unione di vincolare l’eventuale sostegno a qualsivoglia nuovo presidente della Commissione europea alla condanna senza appello di questa follia. Chiediamo, inoltre, alle forze d’opposizione, dato che il governo è troppo impegnato a magnificare se stesso, di sollevare il caso in tutte le sedi opportune. E chiediamo, infine, alla stampa del nostro Paese e alle organizzazioni sindacali di categoria di indire quanto prima un sit-in sotto l’ambasciata slovacca. Come affermò il cardinale von Preysing di fronte alla logica hitleriana dello sterminio: “Se pur tutti, io no”. Ecco, noi no. Noi non accettiamo il nuovo statuto del mondo, in base al quale la prepotenza e le spinte autoritarie possono soppiantare le conquiste partigiane frutto della Resistenza, non solo alle nostre latitudini. Anche perché oggi succede a Bratislava, e domani? Quando il piano si inclina in questo modo, nessuno ha più il diritto di sentirsi al sicuro.

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