Ucraina, così gli italiani tolgono le mine russe dai villaggi

0 0

Nonostante la guerra sia alle porte di Kharkiv, gli abitanti della seconda città ucraina cercano di tornare alla normalità: ad aiutarli una azienda italiana  impegnata nelle bonifiche dei residuati bellici.

Il reportage da Kharkiv

Anastacia avrà circa trent’anni. Capelli neri, tratti gentili, guida la sua piccola utilitaria lungo la superstrada che dal centro di Kharkiv porta verso il confine con la Russia. È diretta verso il grande giardino zoologico della città, vuole mostrare il quantitativo di ordigni che sono caduti in questi ultimi mesi di guerra e che sono accumulati all’entrata del parco.

Li hanno sistemati lì, ogive vuote e resti di missili, per spiegare ai più piccoli come comportarsi quando vedono oggetti di questo tipo. La prima regola è starci lontano, non toccarli. Soprattutto nei bambini la curiosità può avere conseguenze fatali.

La strada che percorriamo con Anastacia è praticamente vuota, la sua auto viene ogni tanto superata da mezzi militari che poi si infilano nella grande foresta di alberi, passaggi off limits per chi non fa parte delle forze armate. A un certo punto, sono circa le 17 del 3 giugno, si sente una deflagrazione talmente forte che non lascia indifferenti anche chi, da due anni e mezzo, vive costantemente sotto allarme. Un’esplosione fortissima. Dopo poco sopra la testa passano due elicotteri militari ucraini che fanno spola tra il confine, la cosiddetta linea zero dove si combatte incessantemente, e la base militare ucraina. Si sentono anche i colpi che sparano. Sono sortite rapide, per non farsi colpire dal nemico e allo stesso tempo per cercare di coglierlo di sorpresa.

Se un anno fa in questo periodo gli abitanti di quella che è la seconda città ucraina dopo Kiev, fuggivano nei bunker, oggi sono molto più fatalisti. Dei due milioni di abitanti ne è rimasto meno di uno. La città è spettrale, sembra una ghost town. Ristoranti e bar vuoti, per le strade è raro incontrare qualcuno. Il coprifuoco costringe le persone in casa. Non c’è una zona della città dove non si vedono i segni dei bombardamenti.

C’è l’ex sede di una azienda di telefonia completamente distrutta, ci sono edifici pubblici bombardati ma anche le abitazioni non vengono risparmiate. Nel solo Oblast di Kharkiv si calcola che più di un milione di ettari è di fatto minata. Sul terreno si trovano mine anti carro, mine anti uomo, mine d’inciampo, bombe a mano trappolate e naturalmente un sacco di missili, esplosi o meno.

L’ambasciatore italiano Francesco Zazo, nella tradizionale festa all’Hotel Continental di Kiev in cui si celebra la festa della Repubblica Italiana come ogni 2 giugno, ha voluto prendere contatto con il rappresentante di un’azienda padovana, Sos Bonifica, che è stata coinvolta dalla Fondazione Hope per questa attività di speciale pulizia. Nonostante la situazione a Kharkiv sia tutt’altro che rosea, con la paura degli abitanti di finire sotto i russi, si continua a lavorare per affrontare problemi che hanno una portata davvero epocale.

Nel villaggio di Dokuchaivs’k troviamo persone, prevalentemente anziane, che sono state evacuate da zone come Vovcans’k. Sono state sistemate nelle case di coloro che hanno scelto di scappare via per paura della guerra o di finire sotto i russi. Questi sfollati interni vivono degli aiuti che volontari gli fanno arrivare in mezzo a tante difficoltà. È rischioso avventurarsi fino a qui, ma c’è molta solidarietà. Molti di questi aiuti arrivano proprio dall’Italia. Ogni settimana partono infatti quattro spedizioni di cibo e di alimenti per le persone più in difficoltà, dalla sede della Fondazione Hope di Padova. Vivono intere famiglie in una sola stanza, è l’unico modo per farli stare insieme senza dividerli e causare un ulteriore trauma.

Scene usuali a Karkhiv (Foto Ivan Grozny Compasso)
Scene usuali a Karkhiv (Foto Ivan Grozny Compasso)

Se gli edifici e le stanze dove vivono queste persone hanno davvero diversi limiti, anche dal punto di vista igienico, la scuola allestita per i bambini è a dir poco perfetta. Per entrare ci si deve togliere le scarpe tanto è pulita e così la si vuole mantenere. Fuori, all’esterno, è stata anche allestita una zona per permettere loro di giocare all’aria aperta. Ci sono anche soldati ma non sono così visibili, anche se la loro presenza non può passare inosservata. Bisogna passare da loro per accedere a questo luogo.

Le persone ospiti qui parlano tutte russo ma si sentono ucraine e non vogliono assolutamente finire sotto Putin. Una signora, forse la più vecchia tra le presenti, deve avere di certo novant’anni dai discorsi che fa, piange mentre racconta cosa è diventata la sua vita e quella di tutte queste persone. Anche qui non mancano i cartelli che indicano zone dove potrebbero essere presenti ordigni, c’è pure un numero da contattare nel caso se ne individuino. Bisogna chiamare il numero 101.

Manifesto_numero_emergenza_antibombe_101
Il numero da chiamare se si trova una bomba (Foto Ivan Grozny Compasso)
Come recita lo slogan sui tanti manifesti che predicano prudenza, quello è un lavoro per professionisti, liberare i luoghi da tutto ciò che può esplodere e uccidere. Per questo le autorità ucraine hanno chiesto una mano all’azienda di bonifica italiana. Anche Anastacia come gli anziani ospiti a Dokuchaivs’k non è nata a Kharkiv. C’era arrivata per sfuggire alle violenze della guerra in Donbass, che dal 2014 è repubblica indipendentista filo russa. Lei e la sua famiglia sono di Lugansk. Oggi per tornarci dovrebbe uscire dalla parte opposta del paese, passare per la Bielorussia, entrare in Russia e fare a ritroso il percorso. Anche solo economicamente una impresa davvero impossibile. Ci sono famiglie come la sua che sono divise da anni e la situazione non può che peggiorare. Se le persone hanno difficoltà a muoversi, non è lo stesso per i mezzi militari.

Lungo l’autostrada che porta da Kiev a Kharkiv sono pochi i mezzi in circolazione, ma soprattutto percorrendola a ritroso non si possono non notare grossi camion militari con a bordo Leopard e sistemi missilistici anti carro. Impossibile non vederli, non viaggiano in colonna per evitare di essere un obiettivo dei russi. Intanto nella stazione di Kiev si è attrezzato un binario per accogliere chi da quelle zone incandescenti vuole scappare. Impossibile non notare la fila di ambulanze e di personale medico pronto a soccorrere eventuali feriti. Perché la vita è così, da queste parti.

 

Omaggio_combattenti_ucraini_caduti_Kiev
A Kiev l’omaggio ai combattenti ucraini caduti (Foto Ivan Grozny Compasso)
Ma se un anno fa in questi stessi posti dalla bocca di tutti uscivano solo frasi inneggianti la vittoria della resistenza ucraina, oggi si coglie invece un certo fatalismo. “Oggi ci sei, domani chi lo sa. Forse è anche inutile pensarci troppo, per questo di certo non lascerò Kharkiv come ho fatto con Lugansk. E se dovrò morire qui, vuol dire che era il mio destino”.

Iscriviti alla Newsletter di Articolo21