L’ennesima strage sul lavoro, in questo strano Paese che è l’Italia, che si definisce civile, ma in cui ogni anno sono oltre 1300 i morti sul lavoro (dato dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro diretto da Carlo Soricelli, ex operaio metalmeccanico in pensione), anche se l’Inail continua a ribadire imperterrita che gli infortuni mortali sono in calo (nel 2014 per l’Inail sono stati 662, relazione annuale 9 Luglio 2015). Una cosa va specificata, gli infortuni rilevati dall’Inail non sono quelli denunciati all’Istituto, bensì quelli riconosciuti, che è cosa ben differente.
Alle porte di Bari (Modugno) è esplosa la fabbrica di fuochi di artificio Bruscella e hanno perso la vita in nove, l’ultimo dei quali è il titolare.
E solo dopo questa strage, nel mondo globale dell’informazione torniamo ad accorgerci che in Italia le persone muoiono sul lavoro, quando in realtà ogni giorno, nell’indifferenza generale 3/4 lavoratori non fanno più ritorno a casa, perché deceduti sul lavoro, perché nella loro azienda non si rispettavano neanche le minime norme per la sicurezza sul lavoro.
Purtroppo, sui mezzi d’informazione ci finiscono raramente, per arrivare a fare notizia ne devono morire almeno 6/7 nella solita azienda, allora se ne parla per qualche giorno, poi si rispengono nuovamente i “riflettori”.
E dopo queste stragi, ecco arrivare il politico di turno con le solite “lacrime di coccodrillo” e a dire che c’è poca sicurezza sul lavoro e pochi controlli.
La cosa che sconcerta è che chi potrebbe davvero cambiare le cose, fa poco o nulla perché si riducano drasticamente questi drammi.
Le chiamano “stragi nell’indifferenza” e mai parole furono più vere, quando è diventato quasi normale morire sul lavoro. A volte le definiscono con parole vergognose tipo “doveva succedere”, “morti bianche” o peggio ancora “tragiche fatalità”.
Immaginatevi il dramma dei familiari che già hanno perso il loro caro sul lavoro, a dover sentire anche queste parole ipocrite.
Quando queste morti sul lavoro non sono MAI delle tragiche fatalità, ma sono dovute quasi sempre alla mancanza di sicurezza sul lavoro.
E con il Jobs Act e le ennesime semplificazioni per la sicurezza sul lavoro che stanno per arrivare le cose andranno persino peggio.
Cosa fare allora?
Siamo in Europa, ma ne sappiamo poco o nulla: l’articolo 4, comma 2, della direttiva europea quadro 89/391/CEE concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro stabilisce che: “Gli Stati membri assicurano in particolare una vigilanza e una sorveglianza adeguate”.
È chiaro che per garantire l’effettiva applicazione della legislazione, i controlli di cui sopra, eseguiti dagli Stati membri, devono poter prevedere anche l’irrogazione di sanzioni adeguate e le necessarie procedure di incriminazione per inadempienza alle normative in materia di sanità e sicurezza.
Vi pare che questo accada in Italia?!
A me non pare, scarsi controlli, dovuti a personale insufficiente (i tecnici della prevenzione dell’Asl sono troppo pochi, e le aziende da controllare tante), pene irrisorie, tanto che è rarissimo che un imprenditore venga condannato per la morte di un lavoratore e quando questo accade, le pene sono talmente basse da sembrare una presa in giro.
Quando questo accade per i familiari è come se il loro caro fosse morto una seconda volta.
Potrei stare a ripeterlo fino allo spasimo (l’ho fatto per anni) che bisognerebbe aumentare i controlli per la sicurezza sul lavoro, aumentare le sanzioni ai datori di lavoro dirigenti e preposti, insegnare la sicurezza sul lavoro fin dalle scuole elementari, ma servirebbe? Secondo me no (ve lo dice uno che ha fatto aprire ben 2 procedure d’infrazione contro l’Italia per violazioni delle normative europee in materia di sicurezza sul lavoro), perchè nessuno ti sta ad ascoltare, anzi quando lo fai, la frase più gentile che ti senti dire è: “Ecco arrivato il solito rompiscatole di turno”.
L’Italia è il primo Paese Europeo per morti sul lavoro e questo vorrà pure dire qualcosa.
Io credo che un riflessione profonda sarebbe d’obbligo da parte di chi ci governa, che così non ci siamo assolutamente.
Il mio pensiero va ai tanti familiari che purtroppo hanno perso un loro caro morto sul lavoro, che molto spesso si trovano abbandonati da tutti, con risarcimenti molto spesso irrisori e pene che spesso hanno il sapore della beffa.
Un ex Ministro dell’Economia, esordì così 5 anni fa:
“Robe come la 626 sono un lusso che non possiamo più permetterci”.
Quando la 626 era stata abrogata da anni, e la legge il vigore per la sicurezza sul lavoro è il Dlgs 81 del 9 Aprile 2008 (Testo Unico per la sicurezza su lavoro).
Dopo le critiche fu costretto a ritrattare in parte.
La mia domanda è questa: Mentre oltre 1300 morti sul lavoro ogni anno, sono un lusso che possiamo ancora permetterci?
Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze