Ci sono i soccorritori di mare e di terra, eroi perché certe immagini segnano per tutta la vita, ma loro ancora non lo sanno mentre sono costretti a subire impotenti le mattanze umane. E poi viene il nulla socio politico aggravato da troppe parole e infinite omissioni. Nel mezzo gli schiavisti di terra europea che suddividono la merce umana (già scontato il carico deteriorato o perduto) secondo richiesta di mercato: da una parte manovalanza adulta e adolescenziale per traffici subumani di mafia (caporali, droga e papponi), dall’altra commercio di bambini da squartare nel corpo e nell’anima.
Queste sono le viscere dell’Europa le cui membra da expo appaiono invece così belle, ricche, eleganti e profumate.
Il decennio scorso funzionava diversamente perché non li vedevamo morire. Ci stava un compare cui baciavamo la mano non perché mafioso locale, ma perché dittatore libico che faceva per noi il lavoro sporco sicché quegli umani lì li faceva crepare (di sete, fame, asfissia, schiacciati dai camion che si ribaltavano, stremati dalle marce, sbranati da cani selvatici) a decine e decine di migliaia nelle deportazioni sahariane tra Libia e Niger, così noi europei si stava a posto con quella bestemmia che chiamiamo coscienza, un po’ come facevamo quando eravamo ufficialmente colonialisti. Oggi no, oggi vediamo e tocchiamo (specie gli italiani già “protetti” dal Gheddafi di cui ci vantavamo) perché la morte preceduta da torture s’è spostata sul mare europeo (poggiato sulla carta universale dei diritti umani!) che si nutre di africani.
Oggi stiamo messi così perché l’Europa Unita s’è fatta mai carico morale d’impedire le deportazioni oggi tradotte in “sbarchi clandestini”. S’è attivata, finché è andata, giusto per impedirne la vista.