Annullata la delibera firmata da editori e sindacato che stabiliva tariffe da fame per il lavoro dei precari. Vittoria dell’Ordine. Ma si teme il bis.
E’ una vittoria storica dell’Ordine dei Giornalisti. Il Tar del Lazio ha annullato la delibera sull’equo compenso, emanata il 19 giugno 2014 dalla Commissione di Palazzo Chigi istituita “per promuovere l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo, titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e di periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive”.
Contro la deliberazione, firmata e sostenuta dal sindacato degli editori (Fieg), da quello dei giornalisti (Fnsi) e dall’Inpgi, aveva presentato ricorso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti che aveva citato in giudizio la “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissione Valutazione Equo Compenso nel Lavoro Giornalistico, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Per L’Informazione e L’Editoria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dello Sviluppo Economico, nonché Fieg, Fnsi e Inpgi.
Il Tar: “Tariffe troppo basse, delibera da riapprovare”
Il tribunale amministrativo ha sentenziato che la delibera sull’equo compenso è da riesaminare e da riapprovare “tempestivamente”. Il documento introduceva, con il beneplacito di Fieg, Fnsi e Inpgi, delle tariffe molto basse per i compensi dei giornalisti non assunti, parametri che hanno scatenato una vera e propria rivolta da parte della stragrande maggioranza dei reporter tuttora precari e anche di diversi giornalisti appartenenti al mondo degli assunti. A nulla erano serviti i reiterati e accorati appelli, che dilagavano sui social network, dei giornalisti precari al Governo e in particolare al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Luca Lotti.
Con l’Ordine anche Aser e Stampa Romana
Con l’Ordine dei giornalisti, che si era espresso contro la delibera rifiutandosi di firmarla, si erano schierati anche alcune associazioni sindacali regionali dei giornalisti come l’Aser (Emilia Romagna) e Stampa Romana.
Compensi da fame: 360 euro lordi al mese
La delibera annullata dal Tar – come ha illustrato anche Enzo Jacopino, presidente nazionale dell’Ordine – prevedeva che un giornalista che per un quotidiano scrive 432 articoli all’anno (più di uno al giorno, festivi e vacanze comprese) arrivasse a guadagnare, secondo le tariffe indicate come equo compenso, appena 4.347 euro. In pratica, circa 360 euro lordi al mese lavorando tutti i giorni e dovendo pagare di tasca sua gli spostamenti e le telefonate. La delibera siglata da governo e sindacati introduceva, poi, curiosamente, un moltiplicatore al contrario: all’aumentare del numero degli articoli prodotti dal collaboratore si dimezzava il compenso.
Il Tar: “Parametri non proporzionati al lavoro e non dignitosi”
Il Tar del Lazio ha dato ragione all’Ordine dei giornalisti sancendo che “la delibera introduce parametri di equo compenso non proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, e del tutto insufficienti a garantire un’esistenza libera e dignitosa al giornalista autonomo”. Riconoscimento del ruolo dell’Ordine e difesa della dignità professionale dei colleghi
Il Tar, inoltre, ha riconosciuto pienamente il ruolo dell’Ordine (come aveva fatto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 11/1968) “di salvaguardia, erga omnes e nell’interesse della collettività, della dignità professionale e della libertà di informazione e di critica dei propri iscritti, principi che si traducono, in primo luogo, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla”.
Secondo il Tar, la delibera realizza anche una “indebita restrizione del campo applicativo rispetto alla chiara indicazione della legge (“giornalisti iscritti all’albo non titolari di rapporto di lavoro subordinato …”) sull’equo compenso”, che include “sia il lavoro autonomo libero professionale sia il lavoro autonomo coordinato e continuativo”. Perciò, precisa il Tar, “la delibera impugnata ha natura ordinamentale e vincolante per la determinazione dei compensi della generalità dei giornalisti privi di un contratto di lavoro dipendente, e lede quindi in via immediata gli interessi del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, sia quale unico componente della Commissione che ha espresso voto contrario all’adozione della delibera, sia per il suo ruolo di salvaguardia”. “In particolare, riconosce il Tar, la determinazione da parte della Commissione di un minimo retributivo determinato contra legem, se non addirittura mancante, appare immediatamente lesiva della dignità professionale dei giornalisti privi di un contratto di lavoro dipendente, che espone al rischio costante di non vedere riconosciuta la propria professionalità”.
I precari esultano e contestano i vecchi vertici della Fnsi
Il mondo del precariato giornalistico, che aveva portato avanti tante battaglie fra cui una manifestazione, a luglio 2014, davanti alla Fnsi per protestare contro l’accordo, ora esulta. I vertici del sindacato nazionale nel frattempo sono cambiati, ma i vecchi che firmarono la delibera – sostiene Fabio Gibellino dell’Unione sindacale giornalisti freelance riferendosi all’ex presidente e all’ex segretario Fnsi, Giovanni Rossi e Franco Siddi – sarebbero in corsa per la presidenza dell’Inpgi. E sarà proprio il presidente dell’Inpgi, insieme a quelli della Fnsi e dell’Odg, a far parte della Commissione che dovrà rielaborare e riapprovare il regolamento attuativo della legge sull’equo compenso. Insieme ai tre giornalisti comporranno la Commissione tre rappresentanti del Governo e uno della Fieg (Federazione italiana degli editori e giornali).
I commenti di Enzo Iacopino e di Stampa Romana
Intanto Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine nazionale di giornalisti, ha commentato così la vittoria: “Il 19 giugno 2014 è stato un giorno di vergogna per il sindacato, il 7 aprile 2015 (giorno del deposito della sentenza, ndr), si riapre la speranza in quanti vengono trattati da anni come schiavi”.
“L’annullamento della delibera della commissione statale sull’equo compenso, decisa dal Tar, accogliendo in parte il ricorso dell’Ordine dei giornalisti, riapre la partita del riconoscimento dei diritti dei colleghi non subordinati”, dichiara invece Stampa romana. “Il combinato disposto tra le tariffe fissate lo scorso 19 giugno sull’equo compenso e l’accordo contrattuale di qualche giorno dopo aveva creato un mostro giuridico unico nella storia del sindacato italiano. Un contratto nazionale, rivolto per definizione ai dipendenti, aveva normato una attività professionale svolta dagli autonomi. E lo aveva fatto seguendo le tabelle fissate per legge dalla commissione statale sull’equo compenso, tabelle basate sul principio che chi più lavora, dunque più è essenziale nella vita produttiva delle redazioni, meno viene pagato”.
“A questo punto – conclude Stampa Romana – tocca al nuovo vertice Fnsi riprendere in mano l’iniziativa sindacale e contrattuale, riascoltando i colleghi non dipendenti, facendo tesoro della sentenza del Tar, prosciugando la platea degli autonomi dai parasubordinati che vanno riportati nel contratto dalla porta principale, costruendo un welfare più largo e inclusivo per i non subordinati, chiedendo agli editori sin d’ora la cancellazione dell’equo compenso dall’accordo contrattuale”.