Chi sembra aver capito che questo può essere davvero lo “schema di gioco” è il Cremlino, che infatti in queste settimane ha cercato di mettere in piedi un’altra partita: convocare a Mosca il settore più ampio possibile del fronte delle opposizioni siriane, guidate da al-Khatib, per preparare una sorta di Ginevra sulla base del protocollo di Ginevra 2. Ma ritornare allo schema del governo transitorio a Damasco non interessa . Grazie all’ISIS la situazione per loro è molto migliorata e contano di poter vincere la partita sulla base del paradigma: “o noi o il Califfo”. Una pacchia per Assad. Che certo non rinuncia a quel che con pazienza ha costruito per anni. Anche al costo di diventare un semplice vice-mullah delegato ad amministrare provvisoriamente il suo Paese. Mosca sa che in questo modo sarebbe tagliata fuori dal gioco mediorientale. Preferirebbe che il tutto rimanesse una partita tra russi e americani e non tra potenze regionali. Ma non trova sponde. A Washington, per qualche motivo “nascosto”. E neanche in Europa.
Se le cose stanno così gli iraniani sono a un passo dal grande colpo. Il “negoziato fantasma” gli lascia mesi di tempo per costruire sul terreno un Iraq persiano, una Siria persiana, un Libano persiano. Il tutto all’ombra della “grande guerra” contro i terroristi dell’ISIS. Elemento sul quale si è determinata la convergenza con Washington, che però nasconde dell’altro.
Cosa intenda fare l’Europa nessuno lo sa, e forse nessuno più se lo domanda. Certo è che “l’iranomania ” che si respira dalle nostre parti sembra così determinata da non rendersi conto che se l’illusione è quella di farsi amici a Gazprom, beh anche a Mosca hanno capito che Tehran lavora per sé, per una prospettiva imperiale e autosufficiente. E al Cremlino questo non va giù. Ma gli iranofili nostrani non se ne danno cura.