Oscar Pistrorius è stato condannato a cinque anni per l’omicidio della fidanzata, la modella Reeva Stemphkamp uccisa il 14 febbraio 2013. Il verdetto ha fatto discutere e non poco la cittadina di Pretoria, dove tra innocentisti e colpevoli prevale un solo sentimento: il campione pagherà per quello che ha fatto. La sentenza della giudice Thokosile Masipa è stata accolta in religioso silenzio e l’atleta, come in tutte le precedenti udienze, non ha proferito parola. Né accusa né difesa si sono appellate al verdetto. Una pena troppo lieve per un omicidio così crudele, avvalorata dalla tesi dell’avvocato difensore che se ci sarà buona condotta, l’atleta sconterà solo un terzo della pena in prigione per poi tornare a casa, come prevede il codice penale sudafricano. L’avvocato di Pistorius Berry Roux , aveva inizialmente chiesto l’affidamento ai servizi sociali. Contrariato per il verdetto il presidente del Sudafrica Jacob Zuma, convinto che l’atleta in quanto bianco, famoso e ricco, sia stato facilitato nella sentenza e le associazioni contro la violenza sulle donne, presenti a fianco della famiglia di Reeva. Una silenziosa reazione c’è stata da parte dei genitori della modella, mentre la famiglia dell’atleta, per voce dello zio Arnold, ha chiesto alla stampa di farsi da parte perché fino ad ora il processo è stato ingigantito anche troppo e per mesi il nipote è stato sottoposto a uno stress non indifferente. L’atleta per pagare le ingenti spese legali ha dovuto vendere tutte le sue proprietà, compresa la casa in cui è avvenuto l’incidente. Il campione è stato anche condannato ad altri tre anni per possesso di armi da fuoco, ma questa pena è stata sospesa.
Giusto e doveroso riprendere brevemente le tappe del processo.
Il 14 febbraio del 2013 Pistorius uccide la fidanzata Reeva Stempkamp nel bagno della villa dove vivono a Pretoria, ma il campione ha sempre sostenuto di averla scambiata per un ladro, una ricostruzione povera e poco decisa che non ha mai convinto gli inquirenti. Nel giugno del 2013 viene incriminato per omicidio premeditato e nel marzo del 2014 comincia il processo che lo vede come unico imputato. Durante le undici udienze, vengono fuori dettagli particolari sulla vita intima e professionale dell’atleta e sulla gelosia morbosa nei confronti della modella. Un processo in cui pianti, ansie e vomiti hanno preso il sopravvento. Il 12 settembre 2014 il giudice condanna Pistorius per omicidio colposo e non volontario, in quanto non ci sono le prove che l’ex atleta volesse uccidere la fidanzata.
È cominciata subito dopo la lettura del verdetto la nuova vita di Pistorius, scortato dal tribunale di Pretoria al carcere di massima sicurezza della città, Kgosi Mampuru II. Il penitenziario prende il nome da un detenuto di colore impiccatosi in carcere nel lontano 1883 per violenza pubblica.
Il carcere ospita settemila detenuti, centinaia di disabili e 22 celle singole ubicate nella sezione ospedaliera, scelta apposta per la detenzione dell’ex atleta. La preoccupazione del giudice era tanta in quanto qualche giorno prima dell’attesa sentenza, una delle gang presenti nel carcere della capitale aveva promesso a Pistorius un trattamento uguale a quello degli altri detenuti, avvalorato dal fatto che l’atleta ha ucciso la fidanzata. Un indizio di colpevolezza che nonostante le gambe in carbonio, non lo avrebbe salvato da aggressioni o discussioni con altri detenuti.
Il campione paraolimpico avrà diritto a 36 visite di 45 minuti ogni anno e circa 10 euro di budget al mese. Ogni mattina dovrà alzarsi all’alba perché la colazione è prevista alle sette, il pranzo alle undici e dalle sedici in poi isolamento totale. Probabilmente verrà concessa la possibilità all’atleta di allenarsi, ma questo non gli consentirà di partecipare alle Olimpiadi di Rio, in quanto il Comitato internazionale Paraolimpico ha già sospeso l’atleta per cinque anni. Potrà correre però a Rustenburg, vicino Pretoria, in un campo di atletica dove si sfidano tutti i carcerati.
È stato sempre un mito Pistorius. Un ragazzo con handicap grave che ha deciso di non abbattersi ma di trovare la forza per andare avanti, per sentirsi come tutti gli altri. Nasce con una grave malformazione agli arti inferiori, che costringe i medici ad amputare entrambe le gambe. Ma non demorde. Dal 2004 si dedica all’atletica e corre con delle protesi particolari, in carbonio, che gli permettono di correre come una persona normale. Va in piscina, a ballare, non parcheggia mai negli spazi dedicati ai disabili e affronta battaglie legali per partecipare con gli altri atleti normodotati ai giochi olimpici, come successo a Londra nel 2012. Tutto scorre normale, almeno sembra, fino a quel febbraio del 2013. Un San Valentino che ricorderà per tutta la vita, perché ha messo fine al suo amore per Reeva. La bella e bionda modella che con le sue attenzioni cercava solo di stragli vicino, nonostante tutto, nonostante il carattere e le violenze. Ma blade runner, come lo chiamavano, non lo ha capito e il troppo amore a Reeva è costato la vita.