“Ho sognato i bombardieri, che facevano la scorta nel cielo, trasformarsi in farfalle”.
45 anni fa il rock a Woodstock per la pace. Ne avremmo bisogno anche oggi…

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“Appena siamo arrivati a Woodstock,
eravamo addirittura mezzo milione
e ovunque era canto e celebrazione.
E ho sognato che ho visto i bombardieri
che facevano la scorta nel cielo
trasformarsi in farfalle
sopra la nostra nazione...

E’ la parte finale della canzone “Woodstock” di Joni Mitchell, una delle cantautrici più importanti e influenti della storia del rock. La Mitchell la scrisse per lo storico, omonimo festival che si svolse quarantacinque anni fa, dal 15 agosto al 18 agosto del 1969, all’apice della diffusione della cultura hippie. Furono molti i concerti che si svolsero quell’anno, in spazi più o meno grandi con un pubblico numeroso e con gli artisti rock più impegnati a cantare la pace, la loro avversione a tutte le guerre. A cominciare da quella del Vietnam, una guerra durata oltre 15 anni e costata la vita a milioni di civili.
Ma fra tutti il concerto di Woodstock fu l’evento più straordinario, inimmaginabile e irripetibile per le folle oceaniche che inondarono la tre giorni di rock.
C’erano i più grandi sul palco di quell’enorme spazio allestito in poco tempo e con scarsi mezzi. C’era Joan Baez, Joe Cocker e Santana, The Who, The Band e i Creedence Clearwater Revival. C’erano Janis Joplin e i Jefferson Airplane. E poi Crosby, Stills, Nash & Young. E il bluesman Johhny Winter che se ne è andato pochi giorni fa. C’era Jimy Hendrix che suonò una memorabile “Star-Spangled Banner” in cui reinterpretava alla chitarra elettrica l’inno degli Stati Uniti, con suoni stridenti e stranianti per gridare la sua protesta contro la guerra e la politiche Usa.
Ma soprattutto c’era quasi mezzo milione di persone giunte da ogni parte dello Stato di New York per condividere non solo l’emozione di un grande concerto, ma il sogno di un mondo diverso, fondato sulla pace e sul rispetto dell’altro.
“Quante volte un uomo deve guardare verso l’alto prima che riesca a vedere il cielo?” cantava Joan Baez in “Blowin’ in the wind”.  “E quante morti ci vorranno perché egli sappia che troppe persone sono morte?”
In quei tre giorni Woodstock ha raccolto le speranze di un’intera generazione che sperava di poter cambiare il mondo attraverso la musica. Oggi, a quarantacinque anni di distanza, mentre le cronache dei giornali e le immagini dei tg ci aggiornano quotidianamente sul tragico impietoso bilancio dei morti di Gaza e delle tante guerre che devastano il mondo forse ci vorrebbe una nuova Woodstock…

Fonte: il Radiocorriere Tv


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