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Diffamazione. Legge da cambiare. Nuovo appello all’Italia

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“Depenalizzate”, chiedono il Commissario ai Diritti Umani del Consiglio d’Europa, l’Osce e il Relatore Onu per la libertà di stampa, citando i dati di Ossigeno

di Dunja Mijatović, Nils Muižnieks, Frank La Rue * Quando il Parlamento ha iniziato il riesame della legislazione sulla diffamazione lo scorso ottobre, ci sono stati grandi speranze che l’Italia sarebbe finalmente riuscita a realizzare la tanto attesa riforma dell’impianto giuridico relativo alla libertà di stampa nel Paese. Purtroppo, otto mesi dopo, tale riforma sembra essersi arenata in Senato con un progetto di legge che non è ancora all’altezza delle norme nazionali e internazionali.

Il testo, infatti, prevede ancora la possibilità di istruire cause penali per diffamazione, aumenta le sanzioni pecuniarie nei confronti dei diffamatori e manca di misure deterrenti efficaci per impedire l’abuso della legge da parte dei querelanti. L’attuale quadro normativo, che prevede il crimine di diffamazione, è stato fonte di ripetute condanne e critiche internazionali nei confronti dell’Italia, soprattutto a causa delle pene detentive comminate a giornalisti.

Già trent’anni fa quest’anomalia fu resa evidente dalla Corte di Cassazione. Da allora, l’Italia è stata regolarmente condannata dalla Corte di Strasburgo a causa delle sanzioni penali sproporzionate pronunciate nei casi di diffamazione, le quali violano il diritto alla libertà d’espressione sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani.

Nel frattempo, l’uso a scopo intimidatorio delle querele per diffamazione e delle richieste di danni strumentali prosegue e continua a ostacolare la libertà di stampa. Ciò è documentato dalla lunga lista di giornalisti danneggiati da iniziative legali pretestuose pubblicata da Ossigeno per l’Informazione, un osservatorio che svolge un prezioso lavoro di sensibilizzazione sulla libertà di stampa e sulle minacce contro i giornalisti in Italia.

Per decenni, noi, così come i nostri predecessori e altri organismi del Consiglio d’Europa, dell’OSCE e delle Nazioni Unite, abbiamo raccomandato alle autorità italiane di riformare una legislazione anacronistica che soffoca la critica e imbavaglia i media, adottando un insieme moderno di disposizioni per rafforzare la libertà d’espressione, in cui non ci fosse più la possibilità di comminare pene detentive o di richiedere indennizzi eccessivi per diffamazione.

Se l’ultimo disegno di legge recepisce alcune delle nostre raccomandazioni, soprattutto la rimozione della pena detentiva, altri elementi, come quelli menzionati in precedenza, restano fonte di grave preoccupazione. Queste preoccupazioni avrebbero potuto essere già state dissipate se alcuni emendamenti migliorativi non avessero incontrato parere negativo da parte della relatrice, la quale ha anche ricevuto il sostegno del governo. Non tutto è però perduto.

L’Italia può ancora invertire una rotta che la dirige verso nuove violazioni delle norme internazionali, comprese quelle sancite dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dalla Convenzione europea sui diritti umani, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Depenalizzare la diffamazione è il modo migliore per evitare nuove violazioni della libertà d’espressione. Tale libertà, e il suo corollario della libertà di stampa, non esistono per caso, ma sono il risultato delle lezioni apprese su come rafforzare la democrazia.

In particolare, la libertà di stampa aiuta a proteggere lo stato di diritto ed è un fattore essenziale per permettere ai cittadini di partecipare effettivamente alla vita democratica. Inoltre, una stampa libera dà un contributo decisivo alla protezione di tutti gli altri diritti umani. Casi di tortura, discriminazione, corruzione o abuso di potere sono spesso svelati grazie al coraggioso lavoro dei giornalisti. Raccontare la verità è spesso il primo passo per rimediare alle violazioni dei diritti umani e far sì che i governi rendano conto delle loro azioni.

Poiché considerare la diffamazione come un reato e permettere sanzioni e multe sproporzionate produce un effetto raggelante sulla libertà d’espressione, il rischio che si corre non è dunque soltanto di soffocare la stampa, ma in ultima analisi di privare i cittadini del loro diritto all’informazione, danneggiando così il sano funzionamento della democrazia. Pertanto, invitiamo il Senato italiano a modificare l’attuale progetto di legge sulla diffamazione.

Per riflettere meglio le norme nazionali e internazionali, la nuova legge dovrebbe essere concepita attorno a tre principi cardine. Innanzitutto, la diffamazione dovrebbe essere completamente depenalizzata. La semplice esistenza di leggi che criminalizzano l’offesa alla reputazione di una persona si traduce, infatti, in forme indesiderabili di autocensura.

In secondo luogo, la legge dovrebbe prevedere l’uso di correzioni e scuse come rimedi sufficienti. Nel caso in cui le sanzioni civili fossero necessarie, esse devono restare proporzionate. Risarcimenti eccessivi, infatti, rischiano di esercitare una pressione esagerata sul condannato, minacciandone in alcuni casi la sopravvivenza economica. Infine, misure più deterrenti dovrebbero essere introdotte per evitare l’abuso della legge da parte dei querelanti. Questa tutela è necessaria per garantire che la bilancia della legge e della sua applicazione penda in favore della libertà di stampa e d’espressione.

Finora, soltanto una minoranza di Paesi europei ha completamente depenalizzato la diffamazione. Migliorando la propria legislazione, l’Italia ha dunque la possibilità di prendere le redini di questa necessaria battaglia e rafforzare il proprio tessuto democratico. L’attuale riesame della legislazione è quindi un’opportunità da non sprecare.

* Dunja Mijatović è la Rappresentante OSCE per la libertà dei mezzi d’informazione; Nils Muižnieks è il Commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, Frank La Rue, e il Relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di stampa

Da ossigenoinformazione.it


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