“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”
Nei giorni scorsi David Crane, ex procuratore internazionale dell’ONU, in un suo discorso aveva paragonato la Siria ad Auschwitz. Qualche giorno fa Tytty Cherasien, che in questo periodo si trova in Siria, in un suo post aveva descritto le terribili condizioni del campo profughi palestinese Yarmouk situato nei pressi di Damasco. Le parole di Tytty raccontano una situazione simile a quella descritta nell’incipit di Se questo è un uomo di Primo Levi. In quel campo già in Febbraio un centinaio di persone erano morte a causa della mancanza di cibo. Tytty, che aveva due nonni sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, parla di orrore e incredulità nel vedere, nel 2014, bambini che sono diventati pasto per le larve e per le mosche, persone che stanno morendo affamate e disidratate, persone intrappolate, lasciate per mesi senza medicine, senza pane, senza acqua, persone che definisce “camminanti”. Fantasmi in marcia, li ha chiamati invece Chiara Cruciati, 18.000 individui, adulti, vecchi e bambini terrorizzati dai combattimenti, persone che si stanno spegnendo in una maniera disumana.
Oggi cade il terzo anniversario della guerra in Siria. 9 milioni di sfollati, oltre il 40% della popolazione, alcuni giornali parlano di 6 milioni i siriani in trappola, 140.000 morti, ma l’ONU già da qualche mese ha smesso di contare le vittime. “E’ inaccettabile che una catastrofe umanitaria di questa ampiezza possa accadere sotto i nostri occhi senza il minimo segnale di progresso per fermare questo bagno di sangue” queste le parole dette nei giorni scorsi da Antonio Guterres Alto Commissario ONU per i rifugiati. In questi 3 anni sono state distrutte intere famiglie, è stata spazzata via la vita di persone che come noi che lavoravano, trascorrevano il tempo insieme ai loro parenti, ai loro amici, la vita dei bambini che, come i nostri, giocavano e andavano a scuola. Le organizzazioni umanitarie, riferendosi a questa infanzia distrutta, parlano di una generazione che rischia di andare perduta per sempre. “Per tre terribili anni, milioni di bambini innocenti hanno vissuto un’infanzia che nessuno deve sopportare. I bambini della Siria non possono e non devono affrontare un altro anno di questo orrore, con la violenza e la crudeltà che ha segnato la loro vita per tre lunghi anni” ha detto il Direttore generale dell’Unicef, Anthony Lake.
3 anni di appelli inascoltati, di negoziati falliti, 3 anni che hanno inghiottito migliaia di persone nell’oblio come Padre Dall’Oglio di cui non si hanno più notizie dallo scorso Luglio. 3 anni d’indifferenza nonostante il rumore delle bombe, le immagini delle vittime e quelle di una scellerata devastazione che non appartiene solo alla Siria, ma è parte dell’intera umanità.