“C’e’ la notizia e il dovere di renderla pubblica, di informare i cittadini della realtà dei fatti”. E’ la dura posizione di Cnog, Odg Umbria e Asu al provvedimento del Tribunale di Spoleto che ha disposto il sequestro preventivo di 3 articoli del quotidiano on line Tuttoggi.info impegnato da quasi tre anni in una difficile inchiesta giornalistica sulla Banca Popolare di Spoleto e la sua controllante, la Spoleto credito e servizi, istituti commissariati lo scorso febbraio da Bankitalia e Mef. L’accusa rivolta agli autori degli articoli – il direttore Carlo Ceraso e Massimo Sbardella del Giornale dell’Umbria, che ha collaborato all’inchiesta – e’ quella di aver pubblicato arbitrariamente stralci delle intercettazioni contenute nel fascicolo della procura. Servizi pubblicati ad agosto scorso, quasi tre mesi dopo l’avviso di conclusione indagini. Dunque atti non più coperti da segreto istruttorio. Un provvedimento abnorme che rischia di creare un precedente pericoloso per l’informazione, specie quella d’inchiesta che non può certo attendere, di fronte a vicenda di rilevanza nazionale com’e’ quella di una banca quotata in borsa, l’ultimo grado di giudizio. Ad attivare il procedimento la denuncia dell’ex dominus di Bps e Scs, Giovannino Antonini.
Questo il testo del comunicato rilanciato stamani dall’Ansa: “L’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, d’intesa con il Consiglio Nazionale dell’Ordine, e l’Asu esprimono grave preoccupazione a seguito del sequestro preventivo, mediante oscuramento, disposto dal Gip del Tribunale di Spoleto, di alcuni articoli (contenenti brani di intercettazioni di vari indagati) della testata online Tuttoggi.info, relativi all’indagine giudiziaria sulla Banca Popolare di Spoleto, verificatosi a ridosso delle feste natalizie. Il codice di procedura penale pone un divieto di pubblicazione solo per gli atti coperti da segreto (istruttorio), ossia gli atti che pm e polizia giudiziaria compiono nel corso delle indagini preliminari. Segreto che cessa nel momento in cui l’indagato acquisisce il diritto di conoscere quegli atti (art. 329 del codice di procedura penale). Il motivo di questo divieto assoluto è semplice. Si vogliono salvaguardare i risultati dell’indagine, che verrebbero compromessi qualora un soggetto, attraverso una fuga di notizie, venisse a sapere di essere indagato. E, per chi fa informazione e per la collettività che ne fruisce, finché permane l’esigenza di mantenere il segreto istruttorio il fatto è, diciamo così, in fase di formazione, quindi non esiste ancora una notizia. In questo caso gli indagati hanno avuto da tempo comunicazione ufficiale delle indagini nei loro confronti. C’è stata la chiusura formale delle indagini preliminari.
C’è la notizia ed il dovere di renderla pubblica, di informare i cittadini della realtà dei fatti. Ma pur riconoscendo che non c’erano più le condizioni per il secretamento degli atti, nel provvedimento di sequestro si afferma in pratica una singolare preoccupazione: quella che il giudice potrebbe essere influenzato dalla conoscenza delle carte al di fuori del processo. Un principio che se diventasse norma vedrebbe costretta all’oscuramento, per chissà quanto tempo, gran parte della cronaca giudiziaria del nostro Paese. Qui non si tratta infatti di violazione della riservatezza delle indagini, né tantomeno di preservare la privacy di qualcuno, ma di negare il legittimo diritto dei cittadini ad essere informati e del dovere dei giornalisti ad informarli. Con questo atto viene ad essere messa in discussione una delle funzioni fondamentali riservate all’informazione in un sistema democratico: quella del potere di controllo.
Questione quanto mai delicata e importante soprattutto se riferita a vicende di così grande rilevanza com’è appunto la gestione di un istituto bancario che coinvolge la vita di migliaia di persone ed esercita un peso socio-economico notevolissimo in una realtà cittadina e regionale relativamente limitata. Il rischio è che con il provvedimento adottato a Spoleto si vengano a reintrodurre di fatto norme già ipotizzate in precedenza da uno sciagurato disegno di legge, che poi la politica ha per fortuna accantonato, con il quale si proponeva un divieto di pubblicazione degli atti che affossava il principio dell’immediatezza della notizia. Principio che vuole ogni accadimento di interesse pubblico appreso dalla collettività prima possibile. Si dovrebbero aspettare anni per far conoscere alla collettività quello che gli inquirenti hanno rilevato su vicende così importanti per la comunità e che hanno anche comportato mutamenti sostanziali nel governo di uno dei gangli fondamentali della vita sociale cittadina e regionale? L’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, d’intesa con il Cnog, e l’Associazione della Stampa umbra esprimendo la massima solidarietà ai colleghi coinvolti nella vicenda e dichiarandosi disponibile a valutare con loro le iniziative che si renderanno opportune, auspica che la magistratura sia capace nelle sue articolazioni di porre riparo ad un atto che arrecherebbe un danno grave all’informazione ed al diritto fondamentale dei cittadini ad essere informati, in particolar modo su vicende così rilevanti com’è quella di cui si sta trattando”.